di S. Simonetti (ilpersonale.go-vip.net 17/9/2015)
Nelle aziende sanitarie e negli altri enti del Servizio sanitario sono presenti circa 110.000 medici che formalmente possiedono la qualifica dirigenziale. Il loro ruolo e la loro particolarissima professionalità hanno però costituito negli ultimi venti anni una situazione assolutamente unica nello scenario generale dell’impiego pubblico. Partiamo da lontano ricordando che fino al 1992 mai al medico pubblico era stato assegnato il profilo di dirigente. Fin dalla lontana legge Petragnani del 1938 la carriera del medico era sempre stata di impronta decisamente professionale ed era disciplinata nella tradizionale articolazione Primario, Aiuto e Assistente. La legge Mariotti del 1968 e la stessa legge di riforma che nel 1978 istituiva il S.s.n. non avevano alterato tale sistema collaudato e profondamente radicato nell’immaginario collettivo, non solo dei diretti interessati ma anche dei cittadini/pazienti. Tutto è cambiato con il processo di aziendalizzazione attuato nel 1992 ad opera del d.lgs. 502/1992, decreto delegato dalla legge Amato n. 421/1992. Per la prima volta compare il termine “dirigente” e la categoria viene articolata in un I livello dirigenziale (ex aiuti ed assistenti) e in un II livello dirigenziale (ex primari). Va detto che questo passaggio epocale fu fortemente condiviso dalle organizzazioni sindacali mediche (quantomeno dalla maggiore di esse).
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