La nozione
In premessa si deve ricordare che lo smart working nel nostro ordinamento è inteso come lavoro agile. Ecco la definizione che ne è data dal Ministero del Lavoro: “una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività”.
La legge 81/2017, all’articolo 18, così definisce le finalità e le modalità del lavoro agile o smart working: “incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, promuovono il lavoro agile quale modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa. La prestazione lavorativa viene eseguita, in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva”. Sulla base del dettato normativo spetta al datore di lavoro garantire la “sicurezza del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore”.
Per la Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 2017 “le iniziative assunte dalla PA in attuazione delle disposizioni in esame sono considerate utili anche ai fini della realizzazione del cd bilancio di genere di cui all’articolo 38 septies della legge n. 196/2009”…
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