Il comparto nel quale la normativa in parola trova gli scenari applicativi maggiormente complessi è la sanità proprio perché è il settore direttamente coinvolto nell’emergenza per cui la normativa generale assume connotazioni del tutto peculiari. Un aspetto piuttosto difficoltoso e delicato è quello di valutare quali siano gli ambiti di attività cui può essere funzionalmente applicato il lavoro agile. Scontato che appare escluso ogni qual volta si tratti di assistenza diretta al paziente, sembrerebbe che la fattispecie esemplare sia quella del “lavoro di ufficio”, ma esistono tutta una serie di funzioni istituzionali che non rientrano esattamente nelle due tipologie. Si pensi agli operatori del dipartimento della prevenzione o dei servizi territoriali; ad esempio, i tecnici della prevenzione ambientale, a determinate condizioni e con controlli precisi sui piani di lavoro, potrebbero svolgere lavoro agile – inteso quello senza la presenza fisica nella ordinaria sede di servizio – ma credo che nessuno meglio del direttore della struttura debba poter decidere in piena autonomia e conseguente responsabilità. Stesso discorso vale per la veterinaria, gli assistenti sociali, l’assistenza infermieristica territoriale.
Detto che il ricorso al lavoro agile è stato oggetto di direttive specifiche da parte della Funzione pubblica (direttiva 1/2020 del 25 febbraio 2020 e circolare 1/2020 del 4 marzo 2020) e che per il personale direttamente coinvolto nell’emergenza e nei servizi indispensabili…
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