Massima
Il lavoratore precario che ha lavorato per la stessa amministrazione in un arco temporale con diversi contratti a tempo determinato non può essere trattato in maniera deteriore rispetto al lavoratore assunto a tempo indeterminato. Vale il contrario solo se sussistono ragioni oggettive che giustificano la disparità.
Fatto
La Corte di appello di Firenze, decidendo sull’impugnazione proposta dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), ha confermato la sentenza del Tribunale di primo grado che aveva riconosciuto il diritto di un lavoratore precario, poi stabilizzato ex legge n. 296 del 2006, all’anzianità maturata sin dalla prima assunzione a termine anche a fini economici con ricostruzione della relativa posizione stipendiale.
Secondo la Corte d’Appello doveva considerarsi applicabile il principio di non discriminazione previsto dall’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, attuato dalla direttiva 1999/70/CE, osservando che il dipendente che aveva lavorato per la stessa Amministrazione in un arco temporale con contratti a tempo determinato non poteva essere trattato in maniera deteriore, in carenza di ragioni oggettive, rispetto all’altro lavoratore che avesse lavorato nello stesso periodo in forza di un’assunzione a tempo indeterminato.
Tali ragioni oggettive non erano state prospettate dal datore di lavoro; al contrario si era limitato a prospettare la sussistenza di ragioni in modo meramente tautologico, collegate al pregresso status di precariato, di per sé inidonee a giustificare la diversità di trattamento di lavoratori che a parità di condizioni abbiano prestato in passato lavoro a termine…
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