Statali nel mirino, ecco il Codice «Niente regali oltre cento euro»

Il provvedimento Nel testo le misure sulle incompatibilità e le nuove sanzioni disciplinari Stretta anticorruzione: domani il decreto all’esame del governo

Marcello Serra 7 Marzo 2013
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D’accordo i regali, ma senza esagerare. Il Consiglio dei ministri di domani dovrebbe approvare in via definitiva il codice di comportamento dei dipendenti pubblici, un regolamento previsto dalla legge anti corruzione. Per tutti gli statali sarà vietato «accettare compensi o altre utilità, anche sotto foma di sconto, salvo quelle di modico valore» e «nei limiti delle normali relazioni di cortesia». La soglia è fissata «orientativamente» a 100 euro con la possibilità per le singole amministrazioni di prevedere un tetto più basso.
Regole più severe anche per i telefoni d’ufficio, che potranno essere utilizzati per motivi personali solo per le urgenze. Come per tutti i codici di comportamento anche quello messo a punto dal ministro della Pubblica amministrazione Filippo Patroni Griffi è una lista di buoni propositi e le violazioni non sono saranno facili da accertare. Ma, almeno in teoria, chi non rispetterà le nuove regole potrà essere sottoposto ad un procedimento disciplinare. E subire una delle sanzioni già previste dalla legge che, sempre in teoria, vanno dal semplice ammonimento verbale fino al licenziamento.
La lista degli obblighi non finisce qui. Lo statale dovrà comunicare la sua appartenenza ad associazioni od organizzazioni e l’amministrazione avrà un mese di tempo per valutarne la compatibilità. Sono esclusi dalla lista i partiti politici e i sindacati. Al momento dell’assegnazione dell’ufficio, poi, il dipendente dovrà comunicare i rapporti di collaborazione avuti con soggetti privati nei tre anni precedenti.
Sul tavolo del consiglio dei ministri di domani ci sarà poi un altro decreto, che fissa una serie di incompatibilità per i soli dirigenti. Gli incarichi di vertice non potranno essere assegnati a chi ha subito condanne penali anche non definitive per reati contro la pubblica amministrazione, a chi viene da incarichi dirigenziali negli enti privati e nemmeno a chi ha appena lasciato un organo di indirizzo politico, come il governo o le giunte delle amministrazioni locali. C’è poi da aggiungere l’incompatibilità nel caso in cui il coniuge o i parenti fino al secondo grado abbiano la carica di presidente o di amministratore delegato in enti privati. Paletti severi, questi, che sbarrerebbero la strada ad una serie di incroci familiari oggi del tutto consentiti. Per questo decreto, però, siamo ancora al primo passo, con l’esame preliminare da parte del consiglio dei ministri. Dopo l’eventuale via libera di domani sarà necessario il parere del Consiglio di stato. Poi la palla passerà al nuovo governo.

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