Stipendi d’oro, arriva il tetto per tutti i manager pubblici coinvolte oltre 5 mila società

Il Consiglio di Stato: operatività immediata, ora un decreto del Tesoro IL PROVVEDIMENTO DEVE CLASSIFICARE LE SOCIETÀ PER FASCE CON RETRIBUZIONI ANCHE INFERIORI ALLA SOGLIA MASSIMA

Marcello Serra 6 Marzo 2013
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I numeri sono giganteschi. La sintesi è che per 5 mila e forse più società pubbliche direttamente o indirettamente controllate dal Tesoro, ma anche da Regioni, Province e Comuni arriva un taglio agli stipendi d’oro dei top manager finora annunciato, ma ancora rimasto sulla carta aspettando il decreto del ministero dell’Economia che sarebbe dovuto arrivare entro il 31 maggio 2012 e che ancora non c’è. Cosa cambia allora? Cambia che il Consiglio di Stato, interpellato proprio dal Mef per chiarire alcuni aspetti giuridici della normativa introdotta con il Salva-Italia prima e con la Spending review dopo, ha chiarito ogni dubbio. I TETTI Non ci sono dunque più alibi per ulteriori ritardi: il tetto agli stipendi dei supermanager delle Spa di Stato non quotate è operativo, ha detto con chiarezza il Consiglio di Stato nell’adunanza generale del 24 gennaio, relatore il consigliere Roberto Garofoli. E non può essere rinviato alla scadenza dei consigli d’amministrazione. Stesso discorso vale per i superdirigenti di tutta la Pubblica amministrazione per i quali vige il limite massimo di 302.937,12 euro comprensivo di tutta la retribuzione e delle somme comunque erogate anche da amministrazioni diverse. Diverso il discorso dei top manager delle numerosissime Spa locali. Il principio vale anche per loro, ma la norma transitoria di attuazione prevede che si arrivi al primo rinnovo dei Cda, dopodiché stessi limiti per tutti. In anticipo sull’Europa e sui vincoli introdotti in Svizzera sulle società quotate. L’IMPATTO Il Mef, che ha ricevuto la risposta del Consiglio di Stato l’11 febbraio, deve dunque emanare il decreto con il quale stabilire come si attua il tetto agli stipendi d’oro. Dovrà cioè classificare per fasce le società e assegnare a ciascuna limiti specifici per i compensi. Questo lavoro servirà anche agli enti locali per adeguare, di conseguenza, le retribuzioni dei consiglieri d’amministrazione delle Spa locali. I tetti, quindi potranno anche essere più bassi dei 302.000 euro, in funzione della rilevanza della Spa pubblica. In ballo c’è il Gotha delle società pubbliche e gli stipendi del vertice di Ferrovie, Poste e Rai innanzitutto. Se Anna Maria Tarantola ha ridotto il suo stipendio a 366.000 euro l’anno al momento del suo insediamento in luglio al vertice Rai, gli altri manager delle superSpa del Tesoro sono ben al di sopra del tetto che corrisponde alla retribuzione lorda del primo presidente della Corte di Cassazione. Sotto l’ombrello di via XX Settembre ci sono poi Cassa Depositi, Consip, Consap, Coni Servizi, Gse, Sogin e altre, elencate nel grafico qui sopra. Ma la portata del parere del Consiglio di Stato è molto più ampia. Secondo l’ultima indagine Assonime, citata da uno studio della Camera dei deputati del 2011, le società a partecipazione pubblica sarebbero oltre 5.000 e di queste circa 400 quelle a partecipazione diretta o indiretta dello Stato. Negli anni ’80, non arrivavano a mille. Secondo l’ultimo osservatorio della Funzione pubblica nel 2009 esistevano 4.741 società e 2.365 consorzi partecipati dalle Pubbliche amministrazioni con 24.713 rappresentanti negli organi di governo. Una galassia che il report curato dal centro Studi Uil diretto da Guglielmo Loy ha quantificato in 7.106 società, consorzi, enti e fondazioni, per un totale di 24.000 consiglieri d’amministrazione. Un terremoto, con inevitabili resistenze interne. Si capirà così il perché della cautela del ministero dell’Economia nel chiarire la cornice normativa. E la spinta esercitata dalla Funzione pubblica nel mettere sotto controllo, con criteri uniformi, la spesa per le retribuzioni, senza eccezioni per nessuno.

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