Trasparenza, piani di prevenzione e sanzioni amministrative sono le misure principali per combattere un fenomeno assai diffuso.
Anzitutto la nuova legge individua i settori più a rischio che richiedono un monitoraggio particolare: gli atti autorizzativi, gli appalti pubblici, i sussidi e contributi finanziari, i concorsi per l’assunzione del personale.
L’aspetto che li accomuna è che l’amministrazione si presenta come dispensatrice di utilità appetite da imprese e cittadini e di cui essa ha il monopolio.
Proprio per questo possono essere oggetto di scambi e favori illeciti.
Quanto al primo versante, la trasparenza delle procedure per la stipulazione di appalti pubblici e per la gestione finanziaria è prevista già dalla Convenzione dell’Onu contro la corruzione approvata nel 2003 e richiamata dalla legge anticorruzione.
In Italia, già la legge 241 del 7 agosto 1990 sul procedimento amministrativo mira a trasformare gli uffici pubblici in “case di vetro” (secondo l’immagine di Filippo Turati), rendendo pubbliche molte informazioni sull’organizzazione e sui procedimenti.
La legge anticorruzione si spinge oltre.
La trasparenza deve essere assicurata anche attraverso la pubblicazione sui siti web istituzionali, secondo criteri di facile consultazione, di una serie di dati molto più ampia.
Tra questi rientrano per esempio i costi unitari di realizzazione delle opere pubbliche e di erogazione dei servizi ai cittadini.
Inoltre, le stazioni appaltanti dovranno inserire nei siti web l’elenco dei fornitori invitati a presentare l’offerta, l’aggiudicatario, l’importo dell’aggiudicazione, i tempi di completamento della commessa, e così via.
Una seconda linea di intervento è la pianificazione delle misure da adottare.
Si parte da un nuovo comitato interministeriale anticorruzione, che detterà le linee di indirizzo per la predisposizione di un piano nazionale anticorruzione a cura del dipartimento della Funzione pubblica e della Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità della pubblica amministrazione (Civit).
Ogni amministrazione elaborerà, poi, un piano triennale con l’indicazione di misure come, per esempio, la rotazione dei funzionari negli incarichi.
Sull’attuazione del piano vigilerà un dirigente, che potrà essere chiamato a rispondere di persona da punto di vista disciplinare e anche per danno erariale ove siano accertati reati di corruzione a carico di qualche dipendente.
La terza linea d’attacco è il sistema delle sanzioni disciplinari e della responsabilità amministrativa accertata dalla Corte dei conti.
Quest’ultima è citata in varie norme ed è noto che lo spettro della procura contabile agita il sonno dei dipendenti pubblici più di altre minacce.
In particolare, la legge anticorruzione quantifica il danno all’immagine dell’amministrazione liquidato dalla Corte nel doppio della somma di danaro o di altra utilità illecitamente percepita dal dipendente.
Quanto alla responsabilità disciplinare, essa abbraccerà tutte le violazioni del codice di comportamento etico dei dipendenti pubblici introdotto da oltre vent’anni nel pubblico impiego.
Si prevede anche un sistema di denunce anonime (whistleblowing).
Molte altre misure amministrative sono contenute nella nuova legge come, per esempio, gli elenchi delle imprese “pulite” (white list), non a rischio di infiltrazione mafiosa, che sono sgravate in sede di gara da oneri burocratici.
L’efficacia del nuovo impianto è, però, tutta da dimostrare.
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