Fino a 12mila eccedenze nelle Province

LA CONSULTA Oggi udienza davanti alla Corte costituzionale sui ricorsi presentati da 8 Regioni contro la stretta del salva-Italia di dicembre

Marcello Serra 6 Novembre 2012
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Per una partita sulle eccedenze nella Pa che si avvia alla conclusione, come spiega l’articolo qui in alto, ce n’è un’altra che è appena al fischio di inizio e che si concluderà nel 2014. A giocarla saranno vecchie e nuove Province. Sono 12mila infatti i dipendenti che rischiano di dover essere ricollocati per effetto del doppio intervento del taglio di 35 enti di area vasta nelle Regioni ordinarie e della riduzione a 3 (ambiente, trasporti, edilizia scolastica) delle funzioni. La stima è frutto di un’elaborazione del Sole 24 Ore. Che parte dagli ultimi numeri sul personale resi noti dall’Upi e li incrocia con la stretta avviata dal salva-Italia, proseguita dalla spending review e completata dal decreto sul riordino varato mercoledì. Dei circa 57mila lavoratori alle dipendenze delle amministrazioni provinciali, circa 27mila appartengono a quelle interessate dagli accorpamenti o dall’evoluzione in città metropolitane. Al loro interno può essere individuato un primo gruppo di 12mila unità “a rischio-eccedenza”. Si tratta dei dipendenti delle Province che confluiranno in altri “enti di mezzo” e perderanno il titolo di capoluogo. Immaginando che questo venga fissato ovunque nel Comune più popoloso anche se la legge consente ai sindaci interessati, anche a maggioranza, di disporre diversamente e considerando che gli organi politici andranno concentrati in un unico “palazzo” poiché non ci saranno sedi decentrate, in teoria, gli unici lavoratori sicuri del posto sarebbero quelli che già risultano oggi occupati nel capoluogo. Per gli altri partirebbe il ricollocamento presso uno degli uffici che gestiranno le tre funzioni rimaste di competenza provinciale oppure presso i Comuni che le erediteranno. A meno che le Regioni non decidano di tenerle per sé, gestendole in proprio o magari creando una struttura ad hoc. Il procedimento per il trasferimento del personale sarà molto simile a quello descritto qui in alto. con le specificità delineate dall’articolo 6 del Dl approvato la settimana scorsa e in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. È presumibile che l’iter occupi gran parte del 2013 e si concluda solo a ridosso della partenza dei nuovi enti fissata per il 1 gennaio 2014. I criteri e le modalità da seguire saranno concertate con i sindacati. Ma se entro 30 giorni non si raggiungerà un accordo i presidenti di Provincia potranno avviare i passaggi di ruolo. Nel rispetto di un doppio vincolo: le dotazioni organiche saranno rideterminate tenendo conto dell’effettivo fabbisogno; per le eventuali deroghe conteranno i parametri di virtuosità già richiamati dalla spending. Ulteriori novità sul fronte Province potrebbero arrivare oggi dalla Consulta che esaminerà il ricorso presentato da 8 Regioni (Lombardia, Piemonte, Veneto, Friuli, Lazio, Campania, Molise e Sardegna) contro l’articolo 23 del Dl salva-Italia del dicembre scorso che ha disegnato i futuri consigli provinciali come organi di secondo livello, eletti dai Comuni. In caso di accoglimento verrebbe meno una delle due gambe su cui si regge l’intera risistemazione delle Province e il Governo sarebbe costretto a correre ai ripari. Anche perché l’articolo 23 è l’unica disposizione dell’intera operazione-Province per cui l’Esecutivo ha già “cifrato” i potenziali risparmi. I 65 milioni quantificati all’epoca del salva-Italia ma prudenzialmente non messi a bilancio.

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