La Corte di Cassazione, Sezione lavoro, con l’ordinanza 18 marzo 2024, n. 7181 ha emesso un’ordinanza in merito al caso specifico dell’esclusione dell’indennità di mensa dal calcolo del TFR dei dipendenti ospedalieri. Nel caso in questione, un dipendente di un ospedale pugliese aveva richiesto il riconoscimento del diritto ad includere l’indennità di mensa nel calcolo del TFR, ma solo per il periodo antecedente all’entrata in vigore del CCNL Comparto Sanità del 31 dicembre 2001.
Il fatto
La Corte di Appello di Bari aveva stabilito che l’indennità di mensa dovesse essere inclusa nel calcolo del TFR solo fino al 31 dicembre 2001, data in cui era entrato in vigore il CCNL Comparto Sanità Pubblica, che non menziona l’indennità di mensa tra le voci utili al calcolo del TFR. Tuttavia, per il periodo precedente all’entrata in vigore del CCNL, la Corte aveva ritenuto che l’indennità di mensa dovesse essere inclusa nel calcolo del TFR in quanto corrisposta in modo continuativo nel corso del rapporto di lavoro.
La decisione
La Corte Suprema ha accolto il motivo di ricorso proposto dall’ospedale, richiamando due precedenti sentenze che si erano pronunciate sulla stessa norma e sul valore ad essa attribuito. La Corte ha ribadito che la norma che esclude la natura retributiva dell’indennità di mensa, salvo diversa previsione della contrattazione collettiva, deve essere considerata come una norma di interpretazione autentica, con valore retroattivo.
La Corte ha chiarito che la norma e le sentenze non distinguono tra i casi di effettiva istituzione del servizio di mensa o meno, ma si limitano ad affermare la natura non retributiva dell’indennità di mensa in generale. La pronuncia della Corte è condivisibile perché si attiene al tenore letterale della norma e fornisce chiarezza e certezza all’interprete.
In sintesi, la Suprema Corte ha stabilito che l’indennità di mensa non deve essere inclusa nel calcolo del TFR dei dipendenti di un ospedale, a meno che non vi sia una diversa previsione della contrattazione collettiva. La Corte ha basato la sua decisione su una norma di interpretazione autentica, che ha valore retroattivo, e ha chiarito che la norma e le sentenze non distinguono tra i casi di effettiva istituzione del servizio di mensa o meno.
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