Il problema dell’individuazione delle funzioni di spettanza provinciale costituisce uno dei temi principali in merito al dibattito sul riordino delle province. La Costituzione, all’art. 117, comma 2, lett. p), riconosce in capo allo Stato, in via esclusiva, il potere di indicare le funzioni fondamentali delle realtà provinciali; conformemente a questa previsione il governo, nel decreto n. 95/2012 (art. 17, comma 10) già convertito in legge dalle camere, le individua in: pianificazione territoriale, tutela e valorizzazione dell’ambiente, pianificazione dei servizi di trasporto, classificazione e gestione delle strade provinciali, programmazione provinciale della rete scolastica e gestione dell’edilizia scolastica relativa alle scuole secondarie di secondo grado. Ora, al di là del fatto che le funzioni fondamentali, per una parte della dottrina, sarebbero solo di tipo ordinamentale, ossia unicamente quelle attraverso cui gli organi di governo della provincia esercitano l’attività di indirizzo politico, e non anche quelle di natura amministrativa, non si riesce a comprendere il motivo del trasferimento delle altre funzioni, che sono state conferite alle province con legge statale, ai comuni (come, del resto, già stabilito nel decreto-legge salva-Italia). È possibile ipotizzare che compiti di «area vasta», fino ad oggi gestiti dalle province, possano essere attribuiti agli oltre 8 mila comuni presenti in Italia, dei quali circa 7.500 con meno di 15 mila abitanti? Non sarebbe violato il principio di sussidiarietà verticale, di cui all’art. 118, comma 1, Cost., per cui certi compiti, in ragione della dimensione territoriale ottimale, richiedono un esercizio ad opera di un livello di governo sovraccomunale rappresentato proprio dalle province le quali, seppur depotenziate, continuano comunque a essere presenti nell’ordinamento? Inoltre, individuare le funzioni (ora provinciali) da riallocare a livello comunale con un decreto del presidente del consiglio dei ministri, da adottarsi entro 60 giorni dall’entrata in vigore del decreto, si pone in conflitto con l’art. 118, comma 2, del Testo fondamentale laddove impone sia una legge (e non un atto amministrativo) ad effettuare eventuali conferimenti.Se di razionalizzazione del sistema degli enti locali territoriali si vuole parlare, è opportuno farlo a partire dalle funzioni, dal momento che è qui che si concentrano i maggiori costi. In questo modo si eviterebbe (come fa ancora la Carta delle autonomie locali in discussione in parlamento in materia di trasporti e istruzione) il concorso di più livelli per la medesima funzione e si porrebbero le premesse, sulla scorta della prima legge Bassanini, la n. 59 del 1997, della introduzione in Costituzione del principio della unicità delle competenze per ogni articolazione della Repubblica.
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