Dipendenti pubblici, mobilità obbligatoria

Via il 10%. La stretta anche sugli enti locali

Marcello Serra 6 Luglio 2012
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C’è una buona notizia per i dipendenti pubblici: non saranno più obbligati ad andare in vacanza nella settimana di Ferragosto e in quella tra Natale e Capodanno. Le «ferie coatte», previste nella prima bozza del decreto sulla spending review, sono state cancellate nell’ultima versione discussa ieri sera. E c’è anche il sostanziale rinvio della riforma Fornero delle pensioni. Ma le buone notizie, per gli statali, finiscono qui. Quelle settanta pagine intaccano due principi finora inviolabili per i travet di casa nostra: il posto fisso e lo stipendio fisso. In modo parziale, certo. Ma la sostanza è che il ministeriale potrà essere messo in mobilità obbligatoria, prendere l’80% dello stipendio base (molto più basso di quello che porta a casa ogni mese) e anche essere licenziato. Da garantito in tutto e per tutto diventerà un po’ più simile ad un lavoratore del settore privato. Cosa succederà esattamente? Entro la fine di ottobre sarà tagliata la pianta organica dei ministeri e degli enti pubblici non economici. La riduzione complessiva sarà del 20% per i dirigenti e del 10% per tutti gli altri dipendenti ma con livelli diversi a seconda delle singole amministrazioni. L’obiettivo è riequilibrare un esercito con troppi generali e pochi soldati semplici, e far scendere i 3 milioni e 250 mila dipendenti pubblici italiani sotto la soglia psicologica dei 3 milioni. Per rispettare il taglio della pianta organica ogni amministrazione avrà due strumenti a disposizione: i prepensionamenti e la mobilità. Per i prepensionamenti si partirà dai lavoratori che entro il 2014 matureranno i requisiti fissati prima della riforma Fornero. Così entro la fine di quest’anno dovrebbero andar via 6/7 mila persone. E forse anche di più visto che, tra freni al turn over e blocco dei concorsi, i dipendenti pubblici italiani sono piuttosto anziani: età media 48 anni, solo il 9% ne ha meno di 35. Il secondo strumento è la mobilità, con un percorso simile allo stato di crisi per le aziende private. E qui il colpo è più duro. Prima di tutto perché arriva subito la riduzione dello stipendio, l’80% della busta paga base senza straordinari e indennità. È vero che un recente studio della Banca d’Italia ha dimostrato che i dipendenti pubblici guadagnano in media più di quelli privati: del 14% per le donne, del 4% per gli uomini. Ma il taglio della voce «netto a pagare» è per lo statale una novità assoluta. Non l’unica per chi andrà in mobilità visto che dopo due anni potrà arrivare anche il licenziamento. Ipotesi che potrà scattare solo se nel frattempo non avrà trovato un altro posto, è vero. Ma con il dimagrimento imposto al settore e il cattivo andamento generale dell’economia saranno in pochissimi a poter usare questo salvagente. Il nodo della discussione in consiglio dei ministri ha riguardato l’estensione dei tagli delle piante organiche alle Regioni e agli enti locali. La proposta del ministro Filippo Patroni Griffi era di rendere questa riduzione facoltativa offrendo in cambio un incentivo non da poco, e cioè l’utilizzo dei prepensionamenti e della mobilità. Ma il ministero dell’Economia ha pensato un meccanismo diverso, che parte dal cosiddetto «parametro di virtuosità», un indicatore che tiene conto dalla media del personale rispetto alla popolazione. Gli enti locali che superano del 20% questa soglia avranno il blocco delle assunzioni. Quelli che la sforano del 40% dovranno applicare lo stesso taglio del 10 e del 20% previsto per i ministeri. Un obbligo imposto dall’alto che potrebbe portare a più di un ricorso da parte delle Regioni. Ma alla fine la soluzione scelta è stata proprio questa.

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