Il piano per ridurre la spesa pubblica esiste. Ma, per il momento, resta una mera ipotesi di scuola: tagliare del 10% (a regime) la spesa per retribuire dell’esercito dei quasi 3 milioni e mezzo di dipendenti pubblici. Considerando che tra retribuzioni, indennità, e premi se ne vanno oltre 167 miliardi l’anno (destinati inevitabilmente ad aumentare con la normale progressione di carriera), agire con le cesoie su questa selva porterebbe nell’immediato a risparmi voluminosi. Per il momento ha mandato in fibrillazione i sindacati della funzione pubblica. Si tratta di un piano complessivo di efficentamento e svecchiamento della pubblica amministrazione. A cominciare dalle Province che dovrebbero scomparire e trasferire funzioni e prerogative. E quindi il personale. Una riorganizzazione che, nel prepartita Italia-Irlanda, è stata oggetto della periodica relazione del ministro della Funzione Pubblica, Filippo Patroni Griffi. Riorganizzazione delle amministrazioni provinciali ma anche una stretta poderosa sulle promozioni automatiche. E, magari, il congelamento dell’adeguamento delle tredicesime. Ma il vero nocciolo della questione è, soprattutto, il piano per portare verso l’uscita (mobilità) flotte di dipendenti pubblici “over 60”. Nelle solite proiezioni – che sono state oggetto di un incontro pomeridiano con i tecnici della Ragioneria generale dello Stato – si è calcolato che fissando a 60 anni la soglia di permanenza in servizio, si riuscirebbe a sfoltire l’organico di oltre 230mila unità. Insomma, come promesso nella famosa lettera a Bruxelles, ci sarà da tagliare. In Grecia 150mila travet entro il 2015. In Italia un numero ancora imprecisato. Un po’sottotraccia è rimasto il capitolo dei contratti a termine. Comparto scuola e sanità hanno in pancia circa 400mila addetti con contratti annuali rinnovati. Se i nuovi risparmi necessari (6 miliardi e 700 milioni), non fossero rintracciabili solo contenendo promozioni e adeguamenti automatici di carriera, per evitare l’aumento autunnale dell’Iva si potrebbe ricorrere al blocco pure dei rinnovi contrattuali. Di sicuro la riforma del lavoro contiene gli ammortizzatori sociali per questi lavoratori (l’Aspi si estende anche a loro), e quindi se a fine giugno venisse approvata la legge gli eventuali espulsi non resterebbero senza paracadute. C’è già nel governo chi ha intuito la manovra e messo le mani avanti. Il ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri, ha assicurato che «con la spending review la sicurezza non subirà dei tagli. Credo di averlo detto 2-3mila volte, non c’è problema», ha ribadito. Sarà pure come dice l’ex prefetto, che gli umori delle questure li conosce bene, però i sindacati della funzione pubblica fanno poco affidamento sulle promesse. Anzi, chiedono a Patroni Griffi di farsi garante degli accordi già raggiunti: «Siamo preoccupati per l’approvazione in Consiglio dei ministri del Dpcm sulla revisione della spesa », ammettono in una nota congiunta Rossana Dettori, Giovanni Faverin, Giovanni Torluccio e Benedetto Attili, segretari generali di Fp-Cgil, Fp-Cisl, Uil-Fpl e Uil-Pa, «perché contraddice i contenuti dell’intesa raggiunta tra governo, sindacati ed enti locali». Insomma, gli chiedono un incontro immediato per farsi garante dell’accordo.
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