«Dico no alla controriforma della Pa»

INTERVISTA Renato Brunetta Ex ministro per la Pa e deputato Pdl QUALCOSA È CAMBIATO «Se il Governo tenterà di varare interventi di questo tipo non avrà più la maggioranza» POTERE AI SINDACATI «Si punta a ridare capacità d’interdizione sui licenziamenti disciplinari»

Marcello Serra 12 Maggio 2012
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«È cambiato qualcosa. D’ora in poi, se il governo tenterà di varare controriforme come quella sulla pubblica amministrazione, ma non solo, non avrà più la maggioranza». Renato Brunetta, ex ministro per la Pubblica amministrazione e coordinatore dei dipartimenti del Pdl, non ci sta. E respinge punto per punto le considerazioni fatte ieri dal ministro della Pa e della Semplificazione, Filippo Patroni Griffi, sul nostro giornale. Per Brunetta il Ddl in preparazione rischia di bloccare l’implementazione di una riforma (quella varata con la legge delega n. 15 del 2009 e il successivo decreto attuativo) che l’Europa sta aspettando. Di più. Una riforma che è stata riconosciuta «strategica» dal commissario agli affari economici e monetari dell’Ue, Olli Rehn, come ha ricordato l’ex ministro in una lettera inviata tre giorni fa a Mario Monti e allo stesso Olli Rhen.
Onorevole, il ministro sostiene che con il disegno di legge in preparazione, in realtà, la sua riforma verrà applicata in tutta la Pa.
Non è così. È partita un’operazione che ha rimesso in pista il concetto del “non si muove una foglia che il sindacato non voglia”. Non ci sarà più nessun controllo sulle dinamiche salariali e viene eliminato il principio del merito. E il tutto con l’ipocrisia di implementare il mio lavoro».
Che cosa non la convince di più?
Con il riconoscimento della contrattazione collettiva e del contratto collettivo nazionale come fonte deputata alla determinazione dell’assetto retributivo e di valorizzazione dei lavoratori pubblici, si torna ad ampliare i poteri di interdizione del sindacato, sia sul piano retributivo che sotto il profilo organizzativo, in assoluta controtendenza rispetto agli obiettivi di decennale convergenza tra disciplina del lavoro pubblico e privato e di gestione dell’amministrazione secondo criteri manageriali e di efficienza.
Ma il ministro dice che non si torna alla concertazione, parola cancellata proprio dalla sua riforma, e che ai sindacati non verrà riconosciuto alcun potere di veto.
Io penso invece che l’intervento sindacale nelle procedure di mobilità, così come faticosamente riformate con la legge di stabilità, rischia di restaurare lo status quo ante, rivelatosi paralizzante e inidoneo a conseguire un uso efficiente delle risorse di personale.
Eppure una norma di coordinamento con la riforma Fornero andrà pur fatta. Si parla di misure di razionalizzazione e semplificazione, che cosa teme davvero?
Dietro la suadente enunciazione di una «razionalizzazione e semplificazione dei sistemi di misurazione, valutazione e premialità», si nasconde il chiaro intento di smantellare il sistema delle fasce, cardine della mia riforma nella materia della premialità. Dico di più. Si punta a sostituire integralmente il criterio della valutazione e della responsabilità individuale con un criterio di valutazione di performance organizzativa complessiva, che non potrà che avere come conseguenza l’offuscamento delle responsabilità dei singoli. Si tornerà a livellare nuovamente e indiscriminatamente la distribuzione degli incentivi.
Il ministro ha detto che nel disegno di legge ci sarà molto di più di quello che abbiamo letto nell’ipotesi di accordo del 4 maggio. Arriveranno nuove norme per rafforzare responsabilità e autonomia della dirigenza.
Gli orientamenti in tema di mercato del lavoro pubblico, pur nella loro vaghezza, prefigurano scelte finalizzate a soluzioni di mera stabilizzazione del precariato, di recupero del potere sindacale di interdizione in materia di licenziamenti disciplinari, di «cattura» sindacale della dirigenza pubblica sotto l’usbergo di un rafforzamento dell’autonomia rispetto all’organo di indirizzo politico.
Insomma una bocciatura senza appello prima ancora di leggere il Ddl.
Rispondo con le stesse parole utilizzate nella lettera che ho scritto a Monti tre giorni fa: sarebbe veramente un pessimo segnale se si verificasse una imperdonabile retromarcia sul piano dei risultati conseguiti nell’organizzazione della pubblica amministrazione. Risultati che, lo ripeto, andrebbero invece pienamente attuati nell’interesse di un Paese che vuole finalmente liberarsi dalle zavorre che stanno finendo per soffocarlo.
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I PALETTI DEL GOVERNO

Premi al merito
Nel disegno di legge sul pubblico impiego, come spiegato ieri dal ministro Filippo Patroni Griffi nell’intervista al Sole-24Ore, sarà individuato un sistema di valutazione che terrà conto della perfomance organizzativa come strumento per la valutazione delle figure dirigenziali e della perfomance individuale come valutazione e conseguente incentivazione all’interno di un ufficio. «Nel pieno rispetto di quella “logica del risultato” che conta per i cittadini utenti e le imprese che operano con la Pa», ha detto il ministro.
No al veto dei sindacati
Il protocollo d’intesa predisposto con sindacati e Regioni conferma che si deve agire nel vigente modello di relazioni sindacali. Non si legge mai la parola “concertazione”, ha spiegato sempre il ministro Patroni Griffi, che è stata eliminata con il decreto 150: «Si fa riferimento solo all’esame congiunto, che peraltro è una delle modalità previste nell’atto di indirizzo all’Aran del luglio 2011, firmato proprio dal ministro Brunetta»

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