«Il principio del merito in tutta la Pa»

Pronto il Ddl sul pubblico impiego. Filippo Patroni Griffi «Oggi il sistema della premialità per fasce si applica a 280mila addetti su 3,3 milioni» «Non ci sarà alcun potere di veto dei sindacati. Sì al coinvolgimento per gestire la mobilità»

Marcello Serra 11 Maggio 2012
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«Con l’approvazione del l’intesa sul pubblico impiego da parte della Conferenza delle Regioni si conferma il buon lavoro fatto per trovare un fronte datoriale pubblico unico. Ora sarà possibile applicare la riforma, a partire dal principio del premio selettivo sulla base del merito, a tutte le amministrazioni». Il ministro della Pa e la Semplificazione, Filippo Patroni Griffi, è soddisfatto. Incassato il via libera dei governatori, oggi arriverà quello dei sindacati. E lui è pronto a presentare il testo del disegno di legge in Consiglio dei ministri. Un provvedimento sul quale, prima ancora di aver visto la luce, sono però piovute critiche pesanti, come quella di affossamento della riforma Brunetta. «Quando leggeranno il testo certi commentatori si ricrederanno. Due quinti dell’articolato traduce in norme l’intesa raggiunta, gli altri tre quinti riguardano altri aspetti cruciali della dirigenza, la formazione e la trasparenza. Il percorso che stiamo compiendo va ben oltre l’allineamento con le nuove regole del lavoro privato e punta a estendere la riforma Brunetta. Renderla più agevole e applicabile, dopo tre anni dalla sua introduzione. E avendo chiaro un concetto: non esiste nessun potere di veto da parte dei sindacati». Ministro, le critiche si sono appuntate soprattutto sul meccanismo della premialità. Proprio l’articolo 19 della riforma Brunetta, quello riferito alle tre fasce di merito, ha attualmente efficacia solo per circa 280mila dipendenti su 3,3 milioni. Sono esclusi i dipendenti del ministero dell’Economia, delle Agenzie fiscali, della Presidenza del Consiglio dei ministri, i ricercatori e i tecnologi degli enti di ricerca e tutti i dipendenti del settore scuola. Per queste categorie, che ammontano a circa 1,2 milioni di addetti, è previsto un adeguamento ai principi dell’articolo 19 mediante decreti. E tutti i decreti adottati non prevedono mai le tre fasce perché sono state ritenute un elemento troppo rigido, che ingessa il sistema a discapito dell’autonomia del dirigente di fare una valutazione del proprio personale al di fuori di gabbie predefinite. Anche per i dipendenti di Regioni e autonomie locali, compresa la sanità, si prevedono adeguamenti alla riforma Brunetta. Nel protocollo siglato con Regioni e sindacati si parla di retribuzione accessoria differenziata sulla base dei risultati. Infatti. E il meccanismo sarà assicurato con legge e non con un accordo. Si riconosce alla contrattazione una competenza che è già prevista nel decreto legislativo 150 del 2009. Le parti sociali, inoltre, hanno condiviso la necessità di attribuire una forte responsabilità ai dirigenti in considerazione del ruolo rivestito rispetto alla perfomance delle amministrazioni e di stabilire rigorosi sistemi di collegamento fra obiettivi, premialità e risultati conseguiti. Come cambia la valutazione della produttività amministrativa? Nella legge sarà individuato un sistema di valutazione che terrà conto della perfomance organizzativa come strumento per la valutazione delle figure dirigenziali e della perfomance individuale come valutazione e conseguente incentivazione all’interno di un ufficio. Nel pieno rispetto di quella “logica del risultato” che conta per i cittadini utenti e le imprese che operano con la Pa. Insomma, nessun cedimento ai sindacati? Il protocollo conferma che si deve agire nel vigente modello di relazioni sindacali. Non si legge mai la parola “concertazione”, che è stata eliminata con il decreto 150. Si fa riferimento solo all’esame congiunto, che peraltro è una delle modalità previste nell’atto di indirizzo all’Aran del luglio 2011, firmato proprio dal ministro Brunetta. Il coinvolgimento dei sindacati è previsto anche per la gestione della mobilità. Esattamente come avviene nel privato. Ma il coinvolgimento dei sindacati non impedisce di attivare le disposizioni dell’articolo 33 del decreto legislativo 165 del 2001 su esuberi e mobilità. La prima fase, quella dell’individuazione dell’esubero in relazione alle esigenze funzionali o alla situazione finanziaria, è interamente sotto la responsabilità del dirigente. L’individuazione dei soggetti da mettere in mobilità invece, come avviene nel privato, deve essere fatta definendo i criteri di scelta e per questo vanno coinvolti i sindacati. Si fa così ovunque. E voglio sottolineare che proprio in contesti di profonda crisi vincono le aziende che possono contare su buone relazioni sindacali. E i precari? Si stabilizzano? Nel protocollo non si fa riferimento a questo. Anzi, è ribadito il principio costituzionale dell’articolo 97, che prevede l’accesso nella Pa per concorso. Si stabilisce che nei concorsi si terrà conto dell’esperienza acquisita con rapporto di lavoro flessibile, come già indicato in alcune disposizioni volute dal mio predecessore. C’è solo l’apertura di un tavolo di confronto sui temi del precariato che può trovare soluzioni, come ad esempio la proroga dei contratti, nell’ambito della legislazione vigente e delle risorse disponibili.

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