di GIORGIO POGLIOTTI e CLAUDIO TUCCI (dal Sole 24 Ore)
Una formazione dei giovani più legata al mondo del lavoro: era uno dei messaggi “rivoluzionari” (per l’epoca) di Marco Biagi. Eppure, a distanza di ventitré anni dalla sua barbara uccisione per mano delle Br, non sembrano esserci stati significativi passi avanti. Abbiamo una difficoltà di reperire talenti che interessa ormai un’assunzione su due (con punte del 60-70% per le competenze Stem). Il tasso di disoccupazione giovanile è al 18,7%, tra i peggiori a livello internazionale. E l’ingresso al lavoro, per i giovani, in Italia, avviene troppo avanti: 24 anni per gli uomini, addirittura 26,2 anni per le donne, rispettivamente 4,3 anni in ritardo rispetto agli altri Paesi per gli uomini e ben 5 anni dopo per le donne. L’ingresso in azienda avviene a 21,6 anni per i francesi e a 23,4 per le francesi e anche i greci iniziano prima di noi: 22,6 anni mentre le greche a 24. Gli inglesi sono quelli che iniziano a lavorare prima di tutti: gli uomini a 19,7 anni e le donne a 21,2
Un problema contingente? No, a sentire Francesco Seghezzi, presidente Adapt intervenuto ieri al Cnel al convegno “Giovani e lavoro: l’attualità del pensiero di Marco Biagi”. Tra il 2014 e il 2024, si è registrato un aumento di 414mila occupati nella fascia di età compresa tra i 15 e i 34 anni, a fronte di una crescita di circa 1,8 milioni di occupati con più di 15 anni. Solamente il 23% della crescita occupazionale è stato quindi determinato da under 35, mentre l’aumento è stato più marcato tra i 50 e i 64 anni (+2,1 milioni) e tra i 65 e gli 89 anni (+295mila). Pesa l’inverno demografico, perché allo stesso tempo la popolazione di riferimento è in calo. Tra il 2019 e il 2024 si sono perse 685mila persone nella fascia di età tra 0 e 14 anni. «Per questi motivi – ha spiegato Seghezzi – la difficoltà nell’incontro tra domanda e offerta di lavoro, che viene sempre posta a tema quando si parla di giovani, non può essere considerata un’emergenza. Il disallineamento è strutturale e le previsioni demografiche ci suggeriscono che continuerà ad esserlo, sempre di più».
Negli ultimi dieci anni il tasso di inattività è diminuito e l’incidenza dei Neet tra i 15 e i 29 anni è scesa dal 23,7% al 15,2% negli ultimi cinque anni. Ma ci sono ancora oltre 1,5 milioni di Neet nella fascia 15-29 anni. E appena il 30,6% di 25-34enni è in possesso di titolo terziario (contro il 43,1% di media Ue). Ecco allora che bisogna intervenire per sconfiggere quella strutturale e culturale distanza tra mondo della scuola e mondo del lavoro. Con le riforme del ministro Valditara qualche cosa si sta muovendo, ma la strada da percorrere è ancora lunga. Il ministro del Lavoro, Marina Calderone nell’annunciare che intitolerà la piattaforma digitale Siisl per la formazione e il lavoro a Marco Biagi ha anticipato che nei prossimi giorni sarà presentato al Cnel un progetto per «introdurre in Siisl un assistente virtuale, un accompagnatore nei processi di selezione delle offerte formative e dei percorsi di lavoro».
Oltre «all’occupazione femminile, dobbiamo lavorare sulla formazione, sui salari, sulla qualità, sull’inclusione, sui flussi. E dovremo quindi ancora una volta tornare al pensiero di Marco Biagi», ha evidenziato il presidente del Cnel, l’economista del lavoro, Renato Brunetta. «Il mercato oggi ha bisogno di competenze nuove – ha aggiunto la leader della Cisl, Daniela Fumarola – di lavoratori capaci di adattarsi e di aggiornarsi continuamente. La formazione deve essere considerata un driver strategico, non un costo».
* Articolo integrale pubblicato su Italia Oggi del 19 marzo 2025 (In collaborazione con Mimesi s.r.l)
Convegno al Cnel su Marco Biagi: per i giovani una formazione legata al lavoro
Lo stato delle cose e gli obiettivi più rilevanti in relazione al mondo del lavoro
Il Sole 24 Ore
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