Arriva dagli Usa, mentre in Europa infuria l’emergenza rifugiati la certificazione che le riforme messe in cantiere dal governo italiano possono rilanciare davvero l’economia. Ieri, con tutta l’attenzione nazionale e internazionale concentrata sulla lunga marcia di migliaia di profughi, che hanno camminato da Budapest a Vienna (circa 240 chilometri) e dopo che il consiglio dei ministri ha approvato gli ultimi 4 decreti di attuazione del Jobs Act, la riforma del mercato del lavoro, l’agenzia Bloomberg ha indirettamente lodato il lavoro del premier Matteo Renzi e del presidente della Banca centrale europea Mario Draghi.
In un’analisi sull’andamento del mercato azionario nazionale, Bloomberg sostiene che dopo un decennio di vacche non particolarmente grasse, per l’Italia «è arrivato il momento di brillare». Grazie, e qui è il lato politico della notizia a venire in evidenza, «al fatto che i numeri dell’economia sono in miglioramento» e soprattutto «al grande numero di misure adottate da Renzi che vengono considerate positive per il paese». Una promozione piena per le politiche del premier, insomma, quella decretata da Bloomberg, che aggiunge: «Tra gli investitori cresce l’ottimismo sul fatto che le misure del primo ministro Renzi e gli stimoli della Banca centrale europea stiano funzionando. L’economia italiana nel primo semestre del 2015 è cresciuta più di quanto stimato in precedenza, la disccupazione è calata inaspettatamente in luglio e gli indici del settore manifatturiero e dei servizi hanno fatto registrare in agosto incrementi superiori rispetto alle previsioni».
E il governo ultima la riforma del lavoro
Parole lusinghiere giunte proprio nel giorno dell’approvazione dei quattro decreti attuativi che hanno completato la riforma del mercato del lavoro. I provvedimenti riguardano in particolare la semplificazione, il riordino degli ammortizzatori sociali, la razionalizzazione delle attività ispettive e il riordino delle politiche attive. Alla fine della riunione del consiglio dei ministri che ha dato il via libera ai decreti è stato il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, a esprimere «grande soddisfazione». «La nostra riforma ha permesso di rimettere al centro del sistema il contratto a tempo indeterminato» grazie al quale «centinaia di migliaia di precari hanno un lavoro stabile»», ha sottolineato Poletti. Ma non è tutto, ha detto il titolare del dicastero di via Flavia, perché «è stata estesa la copertura degli ammortizzatori sociali a 1,4 milioni di lavoratori che non la avevano e abbiamo stabilizzato il finanziamento per la Naspi a 24 mesi; abbiamo finanziato e stabilizzato tutta quella serie di interventi che era stata definita in via sperimentale per un anno». Sui controlli a distanza da parte delle aziende sui dipendenti che utilizzano tecnologie come tablet e smartphone, il ministro ha precisato che «siamo intervenuti sull’articolo 4, nel rispetto delle norme sulla privacy. Avevamo una normativa che riguardava solo gli impianti fissi e oggi abbiamo una normativa complessiva». L’intervento, ha aggiunto, si «è basato su due aspetti importanti che «da una parte garantivano una norma chiara e definita e dall’altra il rispetto della privacy» Poletti ha poi approfittato per ringraziare le camere «per aver aiutato il nostro lavoro» sul jobs act e ha sottolineando che «i testi usciti dal parlamento devono essere considerati come migliorati. Siamo soddisfatti di questo esito. «Ora scatta la fase 2, quella dell’applicazione concreta delle norme. A tal proposito, «abbiamo previsto un comitato di monitoraggio che valuterà questo lavoro».
M5S: il Jobs act è un attacco ai lavoratori
Del tutto opposta la valutazione espressa dal MoVimento 5 stelle, che ha criticato con durezza Poletti e il Jobs act: «È desolante ascoltare il governo vantarsi di aver compiuto la più grande operazione di svalutazione dei diritti che non aumenta affatto la produttività e che non creerà, al netto del doping degli incentivi contributivi, un solo posto di lavoro. Sentendo Poletti non capiamo se c’è o ci fa», affermano i deputati M5S in commissione Lavoro. «Gli ammortizzatori disegnati da Palazzo Chigi non hanno nulla a che vedere con il nostro Reddito di cittadinanza, non hanno natura universale ma assicurativa e aggravano le diseguaglianza tra lavoratori più o meno fortunati. Mentre autonomi e professionisti sono totalmente dimenticati».
La tragedia dei rifugiati e l’allarme Usa: durerà 20 anni
Ma le polemiche politiche ancora una volta sono sembrate misera cosa rispetto al biblico fenomeno dell’immigrazione di massa, in Europa, di centinaia di migliaia di migranti che, via terra e via mare, sfuggono da guerre, terrorismo e miseria. Il problema è che al fenomeno l’Ue non sembra in grado di opporre argini né idee nonostante le dichiarazioni congiunte di Italia., Germania e Francia e le proposte fatte recapitare dalla cancelliera tedesca Angela Merkel e dal numero uno dell’Eliseo François Hollande al presidente della commissione europea, Jean Claude Juncker. Sì, perché mentre perfino il premier britannico David Cameron ha annunciato che il Regno unito fornirà una sistemazione «ad altre migliaia di profughi» dalla Siria e offrirà 130 milioni di euro di nuovi aiuti per far fronte alla crisi umanitaria nel paese mediorientale, i governi degli Stati dell’Est hanno espresso un chiaro no al sistema delle quote obbligatorie di assegnazione dei rifugiati: Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia e Slovacchia hanno espresso la loro contrarietà in un comunicato diffuso al termine di un vertice sull’emergenza immigrazione che si è tenuto a Praga: «Qualsiasi proposta che porti all’introduzione di quote obbligatorie e permanenti su misure di solidarietà sarebbe inaccettabile», si legge nel comunicato. Certo è che le rigide misure anti immigrazione adottate in Ungheria dal governo guidato da Viktor Orban e lo stato di emergenza dichiarato a Budapest hanno accelerato l’esodo di massa dalla stazione di Keleti, dove migliaia di rifugiati si sono messi in marcia a piedi verso l’Austra e la Germania. Uno spettacolo terribile, mentre si sono moltiplicati gli appelli internazionali perché l’Ue affronti con determinazione la crisi epocale: «Il Sud dell’Europa ha come la sensazione di non avere abbastanza sostegno per questa sfida», ha affermato il generale Martin Dempsey, capo di stato maggiore dell’esercito statunitense, «mentre i leader dell’Europea centrale e settentrionale pensano che sia un problema che deve essere affrontato al sud. Credo comunque che ci stia cominciando a essere un po’ di consapevolezza che questa è una crisi reale. Si tratta, ha aggiunto, di «un enorme problema» e «il mio personale giudizio è che dobbiamo guardare a queste situazioni come un problema generazionale e organizzare noi stessi e le nostre risorse a un livello sostenibile per affrontarle per i prossimi venti anni».
L’Alto commissario dell’Onu per i rifugiati, Antonio Guterres, ha rivolto un appello alla ripartizione di almeno 200mila richiedenti asilo nell’Ue».
Alfano presenta la campagna d’autunno di Area popolare
Sul fronte interno il titolare del Viminale Angelino Alfano è stato protagonista di un’offensiva politica per rilanciare Area popolare (Nuovo centrodestra e Udc) come perno dell’azione di governo. Il leader di Ap ieri ha incontrato Renzi al quale ha presentato una sorta di piano di battaglia per la ripresa autunnale. Con un programma che prevede la ricerca di un’intesa con la minoranza del Pd sulla riforma del senato, in modo da licenziare il testo a palazzo Madama entro settembre e tenere il referendum confermativo nell’ottobre 2016. Poi sarà la volta delle unioni civili. e infine della legge di Stabilità 2016, che dovrà prevedere, secondo Alfano almeno 7 miliardi di tagli fiscali per le famiglie in tre anni. Alfano ha dovuto polemizzare con il segretario della Lega Nord Matteo Salvini, che ieri si è presentato al Centro accoglienza per richiedenti Asilo di Mineo, in provincia di Catania, e ha attaccato Alfano e Renzi: «Sono due incapaci incollati alla poltrona», ha detto. «Qua non li vedo, a Palagonia non li ho visti. Fossi in loro mi vergognerei». Ma Alfano ha replicato: «I siciliani aspettano le scuse della Lega per avere impiantato in Sicilia il più grande centro di accoglienza d’Europa. Salvini si scusi e poi sarà più credibile. Siamo pronti a fare le nostre valutazioni sulla possibile chiusura ma Salvini faccia l’elenco dei Comuni e dei sindaci disposti ad accoglierli».
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