L’Inpdap ha bypassato la Funzione pubblica e ha dettato le regole per la fruizione dei congedi biennali per assistere i portatori di handicap, limitandone complessivamente la fruizione a soli due anni nell’arco della vita lavorativa. Anche se i disabili da assistere sono più di uno e le necessità si verificano in epoche diverse. É quanto si evince da una circolare (n.22/2011) emanata il 28 dicembre scorso dall’ente previdenziale guidato da Paolo Crescimbeni, ente in corso di trasferimento all’Inps in virtù dell’accorpamento deciso dalla manvora salva-Italia.
L’istituto si spinge fino ad impartire disposizioni alle altre amministrazioni dello stato su come fruire dei congedi previsti dall’art. 42 del decreto legislativo 151/2001. La materia dei congedi è stata decontrattualizzata e, per effetto della delega contenuta nell’articolo 23 della legge 4 novembre 2010, n. 183, è ormai riservata ai regolamenti. Ciò comporta che non sia più il tavolo negoziale a dettare le regole, ma direttamente il governo, per il tramite di decreti legislativi. Più che all’Inpdap, dunque, il potere di orientare le amministrazioni centrali e periferiche dello stato nell’applicazione della complessa materia dei permessi decontrattualizzati spetta alla Funzione pubblica. All’Inpdap toccherebbe indicare alle proprie sedi periferiche come far pagare i contributi alle amministrazioni quando i dipendenti fruiscono dei congedi. Resta il fatto, però, che l’ente previdenziale è andato ben oltre e ha messo nero su bianco che i due anni del congedo per assistere i disabili sono da considerarsi una tantum. A prescindere dl fatto che vi siano più leggi che prevedono diverse tipologie di congedi biennali e a nulla rilevando che vi sia più di un disabile da assistere. Pertanto, una volta esauriti i due anni, secondo l’Inpdap, non si può più fruire di altro. Il tutto senza tenere conto che il diritto al congedo, pur assumendo rilievo in capo al soggetto che ne richiede la fruizione, trova la sua causa nelle necessità di ciascuno dei disabili da assistere e non in capo al lavoratore che lo assista. Oltre tutto l’ente ha i giorni contati, perché la manovra Monti ne ha previsto la cessazione per incorporazione nell’Inps insieme all’Enpals. Ma nonostante il de profundis intonato dal governo, l’Inpdap non ha voluto rinunciare ad un ultimo pronunciamento per dire no al cumulo tra il congedo biennale per assistere il disabile grave (art. 42, dlgs n. 151/2001) e il congedo non retribuito per gravi motivi di famiglia (art.4, comma 2, della legge n. 53/2000). Secondo l’ente previdenziale le due tipologie di congedo non sono cumulabili e, in ogni caso, anche se la stessa persona dovesse assistere nel corso della vita due disabili diversi in epoche diverse, una volta esauriti i 2 anni di congedo, ciò comporterà la preclusione del diritto al congedo biennale di cui all’art. 42 del dlgs 151/2001. E ciò determinerà l’ulteriore effetto di non poter fruire nemmeno di quello previsto dall’art. 4 della legge 53/2000. Il ragionamento seguito dall’Inpdap è il seguente: il congedo biennale non può superare la durata di due anni per ciascuna persona portatrice di handicap e nell’arco della vita lavorativa. Pertanto, chi fruisce del congedo biennale di cui all’art. 42 del dlgs 151/2000 perde la possibilità di giovarsi del congedo biennale previsto dalla legge 53.
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