«Se vuole può fare l’autocertificazione ma se mi dà il certificato facciamo prima…». Quante volte un cittadino se l’è sentito dire mentre presentava la sua richiesta a uno sportello pubblico? Ebbene, dalla prossima settimana la musica è destinata a cambiare poiché le Pa non potranno più chiedere né accettare dai privati la documentazione prodotta da altri uffici. E ciò per una norma inserita dal Governo precedente nella legge di stabilità 2012, a cui l’Esecutivo in carica dà ora attuazione. Il neoministro della Pubblica amministrazione e semplificazione, Filippo Patroni Griffi, ha firmato la direttiva che fornisce alle Pa centrali e locali le istruzioni per arrivare alla «decertificazione» totale voluta dall’ex responsabile di Palazzo Vidoni, Renato Brunetta. Rendendo obbligatoria, a partire dal 1 gennaio 2012, l’autoattestazione dei privati sul possesso di questo o quel requisito. Una novità che servirà anche ad abbattere i 23 miliardi di oneri amministrativi che pesano sulle Pmi. Giunge così a compimento un processo partito oltre 40 anni fa. Il primo accenno all’autocertificazione risale infatti alla legge 15 del 1968. E passando per il “pacchetto Cassese” nella finanziaria 1994 e per la “Bassanini due” del 1997 si è arrivati al testo unico sulla documentazione amministrativa (il Dpr 445 del 2000) che ha introdotto il principio in base al quale non si può chiedere al cittadino di produrre atti contenenti informazioni già in possesso della Pa. Fatto sta che fino all’ultima legge di stabilità nulla impediva alle Pa di accettare i certificati prodotti volontariamente dal diretto interessato. Ora non sarà più possibile. Come spiega la direttiva, le certificazioni rilasciate dagli uffici pubblici «sono valide e utilizzabili solo nei rapporti tra privati»; nei rapporti tra questi e le Pa (o i gestori di servizi pubblici) sono sempre sostituite dalle dichiarazioni sostitutive o dall’atto di notorietà. Ma c’è di più. I funzionari che non si adeguano alle nuove disposizioni commettono «violazione dei doveri d’ufficio». Va segnalato inoltre che ogni modulo deve esplicitare la dicitura: «Il presente certificato non può essere prodotto agli organi della pubblica amministrazione o ai privati gestori di pubblici servizi». In caso contrario potrà essere dichiarato nullo. In secondo luogo, va individuato presso ogni ente l’ufficio responsabile per gestire, garantire e verificare la trasmissione dei dati o l’accesso diretto agli stessi da parte delle amministrazioni procedenti così da permettere «idonei controlli, anche a campione» delle dichiarazioni sostitutive. Le modalità organizzative prescelte vanno poi pubblicizzate sui singoli siti internet. Un accenno va infine agli scambi di dati tra Pa. Che possono essere facilitati con la sottoscrizione di convenzioni quadro tra i vari enti, seguendo le linee guida redatte da DigitPa e consultando il Garante per la privacy. Archiviata la pratica «decertificazione», Patroni Griffi può concentrarsi sulle altre questioni aperte nel pubblico impiego (in primis contratti e mobilità). L’appuntamento è per il 13 gennaio a Palazzo Vidoni dove il neoministro incontrerà i sindacati.
Eugenio Bruno
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