Si aprono mesi di passione per il personale delle province

Marcello Serra 9 Dicembre 2011
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Per il personale dipendente delle province si aprono mesi di passione. Il decreto legge salva Italia rende, infatti, evidente solo il fatto che, una volta emanate le leggi regionali o statali di attribuzione delle funzioni provinciale alla regione o ai comuni, i dipendenti provinciali dovranno essere trasferiti. Non risulta, tuttavia, per nulla chiaro come, quando e presso quali enti si consumerà la «diaspora» prevista dalla norma. Saranno necessarie, appunto, le leggi attuative, che dovranno curarsi non solo di disaggregare tra comuni e regioni le attribuzioni provinciali, ma anche trasferire agli enti destinatari le dotazioni umane, finanziarie e strumentali. Non è una questione di poco conto. Il decreto legge lascia intendere con molta chiarezza che l’opzione principale consiste nel trasferire le funzioni fin qui gestite dalle province verso i comuni. Resta del tutto priva di risposta la domanda conseguente e, cioè, quali comuni investire del nuovo carico. Il territorio di ciascuna provincia è in misura varia composto da decine e decine di comuni. Risulta improbo un criterio razionale e replicabile su tutto il territorio nazionale di assegnazione ai comuni delle funzioni provinciali tipicamente di «area vasta», come alcune di quelle citate come «fondamentali» dall’articolo 21, comma 4, della legge 42/2009 e cioè funzioni di istruzione pubblica, ivi compresa l’edilizia scolastica, funzioni nel campo dei trasporti, funzioni riguardanti la gestione del territorio, funzioni nel campo della tutela ambientale, funzioni nel campo dello sviluppo economico relative ai servizi del mercato del lavoro. Le funzioni concernenti l’istruzione pubblica concernono principalmente la programmazione territoriale dell’offerta formativa e l’edilizia scolastica. La rete dell’offerta non potrebbe essere tale se i comuni non sono coordinati da un livello di governo superiore. La scelta, non troppo paradossalmente, allora, potrebbe consistere nel resuscitare i vecchi provveditorati alle opere pubbliche. Peggio ancora andrebbe per l’edilizia scolastica. In primo luogo, la traslazione delle funzioni provinciali non si concretizzerebbe certo nel trasferimento ai comuni di «risorse», bensì solo di debiti. In secondo luogo, difficilmente un sindaco accetterebbe di buon grado di curarsi di problemi che non riguarderebbero solo i propri cittadini: le scuole superiori per loro natura raccolgono studenti di un territorio molto più ampio di quello del comune che le ospita. Perché mai un sindaco dovrebbe investire risorse del suo comune, per rendere servizi non rivolti ai propri cittadini? La scelta, allora, potrebbe essere il trasferimento in blocco, una transumanza dei dipendenti provinciali nei ruoli delle regioni. Ma, questo significa accollarsi, regione per regione, di centinaia se non di migliaia di dipendenti,. Le regioni potrebbero essere tentate di trasbordare tutto ai comuni.

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