Sanzioni alle regioni che non si affrettano ad attuare la legge Delrio, nuovi canali per il trasferimento di circa 10mila dipendenti provinciali a Regioni e Comuni e qualche ritocco vitale alle regole dei bilanci degli enti di area vasta.
Il decreto legge enti locali che ieri ha ottenuto la fiducia al Senato è anche una sorta di riforma-bis di Province e Città metropolitane, soprattutto dopo che il passaggio parlamentare lo ha arricchito di una serie di misure per sbloccare le parti incagliate del riordino. Il provvedimento, che dopo l’ok di Palazzo Madama viaggia ora verso la Camera per quella che secondo i programmi del governo dovrebbe essere una ratifica, guarda agli ostacoli fondamentali al decollo della riforma. I problemi sono chiari: la legge Delrio aveva previsto l’abbandono di una serie di attività da parte degli enti di area vasta, che nel nuovo quadro si devono concentrare sulla pianificazione di trasporto e rete scolastica (e sul coordinamento di viabilità, servizi pubblici e piani di sviluppo nel caso delle Città metropolitane), e le Regioni avrebbero dovuto decidere quali “rami” sarebbero passati, con il relativo personale, alle Regioni o ai Comuni del territorio. Tra ritardi governativi, con i decreti sulla mobilità ancora in fase di adozione, e territoriali, costi e dipendenti sono rimasti in carico a Province e Città, che però hanno subito i tagli da un miliardo previsti dall’ultima manovra e quindi rischiano di saltare, con duri colpi alla gestione dei servizi locali (già in forte crisi) ma anche all’immagine di una politica che su quella riforma ha puntato molto.
Con il voto del Senato il presidente dell’Unione delle Province Achille Variati parla di «prime risposte positive», anche se la nuova geografia di costi e servizi territoriali a regime deve ancora essere disegnata e giusto ieri è stata al centro di un incontro fra lo stesso Variati e il ministro dell’Economia Piercarlo Padoan.
La prima mossa passa dalle sanzioni previste per le Regioni che entro il 30 ottobre non avranno completato l’attuazione della Delrio. I ritardatari dovranno coprire entro novembre i costi che Province e Città del loro territorio sostengono per le «funzioni non fondamentali», cioè le attività che sarebbero dovute passare ad altri enti, e se il ritardo continuerà negli anni successivi ci sarà il bis ogni 30 aprile. A quantificare l’assegno che le Regioni dovranno girare agli enti di area vasta sarà il governo, e per fermare la catena delle penalità non basterà scrivere le leggi di riordino, ma occorrerà garantire l’«effettivo esercizio» delle funzioni da parte dei nuovi enti.
Per provare davvero a tenere in piedi i conti di Province e Città, però, occorre spostare il personale, e su questo arrivano altre due misure i cui effetti però andranno testati sul campo. I dipendenti dei centri per l’impiego, circa 8mila, dovrebbero passare alle Regioni, sulla base di convenzioni con il ministero del Lavoro che mette sul piatto 90 milioni da distribuire tra i firmatari; per quel che riguarda la Polizia provinciale, invece, gli enti dovranno individuare entro il 31 ottobre quanti dei circa 2.700 dipendenti deve restare per svolgere le «funzioni fondamentali», mentre gli altri dovranno «transitare» nei ruoli dei Comuni in deroga ai tetti di spesa per il personale (purché si mantenga l’equilibrio di bilancio e il rispetto del Patto di stabilità).
Nella speranza che questi meccanismi funzionino, anche se nei decreti ministeriali rimangono le incognite sulle tutele stipendiali per chi si sposta, il testo votato ieri dal Senato permette il rinnovo dei contratti a termine nelle 33 Province e Città che hanno sforato il Patto nel 2014, chiudendo il periodo di limbo dei precari interessati, e permette agli enti di area vasta di scrivere (entro il 30 settembre) un preventivo solo annuale, e non triennale come prevedono le regole ordinarie della finanza pubblica. Dietro a questo apparente dettaglio tecnico si nasconde il problema dei problemi, ancora da risolvere: per l’anno prossimo è in calendario un taglio aggiuntivo da un miliardo, e da due per il 2017, che però Province e Città non riusciranno a sostenere nemmeno centrando in pieno la spesa standard calcolata dalla Sose. La possibilità di scrivere il bilancio solo annuale riconosce il problema, che però andrà affrontato nella manovra d’autunno: un altro compito per la spending review già alle prese con la caccia alle coperture in vista dei tagli fiscali.
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