Tre milioni e mezzo di dipendenti pubblici in Italia. Il 15% degli occupati. Meno di Usa, Grecia, Gran Bretagna, Canada, Francia. Il paese del ridente Sarkozy è al 23%. Ma con retribuzioni più alte. Parigi spende per gli statali il 13% del Pil, Roma l´11%. Anzi spendeva, nel 2009. Perché la crisi – prima finanziaria, ora dei debiti sovrani – ha inciso nella carne viva del settore pubblico italiano. Peggio solo in Grecia.
La manovra del 2010 ha bloccato tutto: assunzioni, stipendi, contrattazione, carriere. Per tre anni, fino al 2013. Ha tagliato del 10% le spese dei ministeri. Ha mandato in pensione le statali a 65 anni nel 2012. Ha chiesto ai dirigenti un contributo – allora ancora non “di solidarietà” – del 5% oltre i 90 mila euro lordi annui e del 10% oltre i 150 mila.
Poi sono arrivate le manovre estive di quest´anno. Quella di luglio pesa per un terzo su ministeri ed enti locali: 5 e 6,4 miliardi di tagli, rispettivamente. Oltre a prorogare fino al 2014 tutti i blocchi dell´anno prima: turnover, buste paga, rinnovo dei contratti. Questi almeno fino al 2018, visto che tra 2015 e 2017 si rivedranno solo le indennità di vacanza contrattuale. E poi ciliegine: mobilità rafforzata e visite fiscali già il primo giorno di malattia, se segue o precede un festivo. Ad agosto, manovra bis. Mobilità obbligatoria in ambito regionale. Scatti di carriera bloccati, se alla vigilia della pensione. L´erogazione della liquidazione, per i pensionati d´anzianità, slitta da 6 a 24 mesi. I tagli a ministeri ed enti locali salgono a 6 miliardi ciascuno nel triennio. Rimane il contributo di solidarietà, tolto invece ai privati. Spariscono gli enti pubblici con meno di 70 addetti. Si salva solo l´Accademia della Crusca.
Infine la lettera all´Europa. Con l´accenno vago a superare «le dotazioni organiche» dei ministeri. Uno tsunami in arrivo per la città di Roma? Nei vari tira e molla, si salvano le tredicesime, i buoni pasto, il riscatto di laurea e militare, i permessi sindacali. Capitoli messi e tolti. Torneranno?
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