Il tetto alle assunzioni per gli enti soggetti al patto, pari al 20% del costo del personale cessato l’anno precedente, si applica solo ai dipendenti a tempo indeterminato. È il disegno di legge di stabilità per il 2012, approvato dal consiglio dei ministri venerdì scorso, a chiarire l’interpretazione corretta dell’articolo 14, comma 9, del dl 78/2010, convertito in legge 122/2010, smentendo in modo piuttosto aperto la deliberazione della Corte dei conti, Sezioni Riunite 46/2011. Come si ricorda, le Sezioni Riunite hanno ritenuto che il tetto di spesa debba valere per qualsiasi tipo di assunzione e contratto, ivi comprese, dunque, le assunzioni flessibili. Molte sono le perplessità che ha destato la conclusione della magistratura contabile: la principale tra esse la considerazione evidente che il legislatore abbia inteso ridurre la spesa fissa e continuativa del personale, ma non quella connessa ad esigenze flessibili, per sua natura variabile nel tempo e, dunque, inidonea ad un tetto di spesa come quello del 20% del costo delle cessazioni. Il disegno di legge di stabilità conferma che l’intenzione del legislatore era ben diversa da quanto hanno ritenuto le Sezioni Riunite. E chiarisce la portata della disciplina del tetto di spesa apportando due modifiche all’impianto della manovra del 2010. Il primo intervento è una novellazione dell’articolo 76, comma 7, della legge 133/2008, (oggetto della norma contenuta nell’articolo 14, comma 9, del dl 78/2020) aggiungendovi la precisazione che gli enti soggetti al patto (i «restanti enti») possono procedere ad assunzioni di personale «a tempo indeterminato». Il nuovo testo dell’articolo 76, comma 7, della legge 133/2008, pertanto, conterrà espressamente la limitazione del meccanismo del tetto della spesa ai soli contratti a tempo indeterminato. In secondo luogo il disegno di legge di stabilità modifica anche l’articolo 9, comma 28, del dl 78/2010, convertito in legge 122 del 2010, così da precisare che il contenimento della spesa per personale flessibile, pari al 50% di quella del 2009 per le amministrazioni statali, valga solo come principio anche per gli enti locali. A ben vedere, della novellazione dell’articolo 9, comma 28, della legge 122/2010 non c’era bisogno. Lo stesso concetto, ovvero che la riduzione del costo del personale flessibile costituisca un principio generale, finalizzato a ridurre il costo complessivo del personale, è espresso dall’articolo 1, comma 557, lettera a), della legge 296/2006, come novellato dall’articolo 14, comma 7, della legge 122/2010. In ogni caso, la novellazione dell’articolo 9, comma 28, della legge 122/2010 chiarisce che il contenimento della spesa per il lavoro flessibile, per quanto autonomamente definibile da ciascun ente, deve essere sostanzioso. Gli enti locali non saranno obbligati a ridurlo né del 20% del costo delle cessazioni dell’anno precedente, né del 50% del costo affrontato a questo titolo nel 2009, ma dovranno abbatterlo in modo significativo, così da rispettare i principi normativamente posti. Senza, tuttavia, le commistioni tra misure di contenimento del lavoro a tempo indeterminato e di diminuzione della spesa del personale flessibile che avrebbe causato la delibera 46/2011 delle Sezioni Riunite.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento