Il passaggio diretto dribbla il turnover ma non il Patto

Marcello Serra 10 Ottobre 2011
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Il contenimento delle spese di personale e le regole sul turn over costringono a guardare con sempre maggiore attenzione all’istituto del passaggio diretto di dipendenti tra pubbliche amministrazioni.
Dal punto di vista legislativo non vi è dubbio che la mobilità venga sempre più ricercata prima di procedere a qualsiasi assunzione dall’esterno. Sia il Dl 98/2011 che il Dl 138/2011 individuano la procedura come il primo passo da fare, peraltro obbligatorio sia per la mobilità ex articolo 30, comma 2-bis, che per quella dell’articolo 34-bis del Dlgs 165/2001 in uno spirito di condivisione delle risorse pubbliche senza incrementi di spesa.
Non a caso il legislatore ha previsto che prima di ogni procedura concorsuale si debba procedere a rendere pubbliche le disponibilità di posti, affinché ci si possa avvalere, prima di ogni altra scelta, dei trasferimenti in entrata di lavoratori di altri enti.
Addirittura il Tar Lombardia Milano, sezione IV, con sentenza 2250 del 21 settembre 2011, nell’affrontare la questione se viene prima la mobilità o lo scorrimento della graduatoria ha optato per la prima indicazione. L’amministrazione, infatti, quando prevede la copertura di un posto in organico mediante mobilità volontaria esercita un potere discrezionale di scelta delle modalità di copertura delle proprie esigenze di organico con uno strumento che, essendo oggetto di preferenza legislativa e garantendo l’assunzione di personale specializzato, non richiede specifica motivazione.
L’attenzione si sposta a questo punto sul considerare o meno la mobilità quale assunzione. Dal punto di vista giuridico non ci sono dubbi. La procedura non comporta la costituzione di un rapporto di lavoro, ma soltanto la cessione del contratto di lavoro già in essere con l’originaria amministrazione di appartenenza. La fattispecie integra una modificazione soggettiva del rapporto di lavoro, con il consenso di tutte tre le parti e, quindi, appunto, una cessione del contratto. Parola di Consiglio di Stato, così come si ricava dalla recente sentenza n. 5085/2011.
Rimane, però, sempre incertezza sul rapporto dell’istituto con le spese di personale e le possibilità di assunzione, soprattutto dopo la delibera n. 46/2011 delle Sezioni riunite della Corte dei conti che fa rientrare nelle regole del turn over «le assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale». Anche la mobilità, quindi? La risposta dovrebbe essere negativa. Infatti, in questo contesto, trova piena applicazione l’articolo 1 comma 47 della legge 311/2004 (Finanziaria 2005) laddove è previsto che in un rigido regime di turn over la mobilità è comunque consentita tra Pa che hanno limiti alle assunzioni. Allo stato attuale tutti gli enti locali hanno limiti: gli enti non soggetti a Patto possono assumere nel limite delle cessazioni dell’anno precedente; quelli soggetti nel limite del 20% della spesa delle cessazioni dell’esercizio precedente. La mobilità non può, quindi, essere considerata né tra le cessazioni né tra le assunzioni quando avvenga tra le autonomie territoriali.
Vi sono però altre disposizioni che possono impattare sull’istituto. Infatti, anche i passaggi di dipendenti tra amministrazioni possono essere vietati qualora non si rispetti il Patto di stabilità e non si osservino le norme sul contenimento della spesa di personale (comma 557 e comma 562, legge 296/2006). In questo caso si è, infatti, in presenza di rigide sanzioni specifiche per il singolo ente. Alcune sezioni regionali della Corte dei conti hanno esteso il divieto anche al caso in cui l’ente abbia un rapporto tra spese di personale e spese correnti superiore al 40 per cento. Per ultimi l’hanno ribadito i giudici contabili della Liguria con la delibera n. 61/2011, allargando il campo d’azione non solo alla mobilità, ma anche all’utilizzo di personale comandato da altri enti.

Gianluca Bertagna

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