Riordino della dirigenza, con tre ruoli unici (Stato, regioni ed enti locali) e superamento delle due fasce, dove esistono, ma anche incarichi a termine, licenziabilità e valutazione del merito. Razionalizzazione delle partecipate e delle camere di commercio. Dieta dimagrante per gli uffici di governo, a cominciare dalle prefetture. Addio al Corpo forestale dello Stato. Niente più voto minimo di laurea per i concorsi pubblici. Dopo la maratona notturna, la delega sulla pubblica amministrazione ha incassato in tarda mattinata il via libera dell’Aula della Camera, con 253 sì, 93 no e 5 astenuti. E si appresta adesso a tornare in Senato per la terza lettura, che il governo spera definitiva.
Madia: «Passo importante ma il lavoro è tanto»
«La soddisfazione sarà massima quando queste norme e i relativi decreti legislativi si tradurranno in cambiamenti nella vita dei cittadini e degli imprenditori», ha commentato la ministra della Pubblica amministrazione Marianna Madia. «Il lavoro è ancora tanto, ma quello di oggi è certamente un passo importante». «Finalmente abbiamo un Paese più semplice», ha sottolineato il relatore Ernesto Carbone (Pd).
La riforma della dirigenza
Molte le modifiche introdotte nel passaggio a Montecitorio. Il risultato è una delega più incisiva su alcuni fronti e più generosa su altri. Partiamo dalla dirigenza, il cuore della riforma: gli incarichi possono durare quattro anni, ma potranno essere rinnovati. Chi rimane senza incarico può chiedere di essere “demansionato” a funzionario per non perdere il posto. In ogni caso, la licenziabilità è sempre vincolata a una «valutazione negativa» sull’operato del dirigente. Carriera e retribuzione vengono agganciate a una valutazione delle performance e gli incarichi passeranno al vaglio di tre commissioni (Stato, regioni e comuni). Grazie a un emendamento dei Cinque Stelle approvato ieri, inoltre, si prevede il divieto e la revoca dell’incarico in settori esposti al rischio corruzione ai dirigenti condannati anche in via non definitiva dalla Corte dei conti al risarcimento del danno erariale.
Le forze di polizia diventano quattro
La Camera ha ratificato l’assorbimento del Corpo forestale dello Stato in un’altra forza di polizia, probabilmente i carabinieri (ma sarà il decreto attuativo a stabilirlo). Il passaggio punta all’unitarietà, ma con margini di trasferimento anche altrove di un contingente limitato. Il personale con funzioni anti-incendio passerà invece sotto i Vigili del fuoco.
Il restyling delle amministrazioni
L’articolo 7 è tutto dedicato alla riorganizzazione dell’amministrazione dello Stato. Per le prefetture si va verso un taglio netto del numero: gli uffici che rimarranno andranno a finire nell’Ufficio territoriale dello Stato, punto di contatto unico tra amministrazione periferica e cittadini in cui confluiranno tutte le diramazioni della Pa centrale. I ministeri saranno riorganizzati in chiave flessibile partendo dalle strutture interne. La presidenza del Consiglio avrà nuovi poteri di controllo, in primis sulle agenzie fiscali e sulle nomine dei manager pubblici. Il Pra (Pubblico registro automobilistico) passerà al ministero dei Trasporti da cui dipende la motorizzazione civile. Non sfuggono al riordino le Capitanerie di porto e le Authorities, che dovranno livellare gli stipendi, adottare criteri omogenei per il finanziamento e non dovranno avere doppioni con uffici ministeriali.
Camere di commercio: da 105 diventeranno 60
All’articolo 8 il ddl prevede una delega per la riforma delle Camere di commercio che dovranno ridursi da 105 a 60. Nella riduzione si dovrà tenere conto della soglia dimensionale minima di 75mila imprese iscritte o annotate nel Registro (la soglia fissata al Senato era di 80mila).
Si rafforza il ruolo di Palazzo Chigi
Con un decreto attuativo saranno precisate le funzioni del Consiglio dei ministri per il mantenimento dell’unità di indirizzo. L’intento è rafforzare la collegialità, anche nelle nomine di competenza diretta o indiretta, del Governo o dei singoli ministri, in modo che le scelte passino per il Cdm anche quando l’atto formale spetta al ministero.
I sindacati all’attacco
Severo il giudizio dei sindacati. «La riforma Madia è una scatola vuota perché non porterà cambiamenti e innovazione nella erogazione dei servizi ai cittadini, alla comunità, alle imprese», ha sottolineato il segretario confederale della Cisl, Maurizio Bernava, secondo cui «manca la cosa principale: allineare la legge con la contrattazione collettiva, dando molto più spazio alla contrattazione di secondo livello per permettere ai lavoratori di partecipare e contribuire ai processi strategici per il rilancio e il miglioramento della Pa». «Penalizzare i lavoratori e cancellare i servizi pubblici. Strano concetto di semplificazione. Il 29 luglio in piazza» con lo slogan «contratto subito», ha twittato il segretario generale della Fp Cgil, Rossana Dettori. Duro il segretario confederale dell’Ugl, Augusto Ghinelli: «Non siamo di fronte a una riforma ma a una operazione di puro e semplice risparmio, operato sulle spalle di chi lavora».
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