di S. Simonetti (ilpersonale.go-vip.net 28/1/2016)
Un aspetto che da sempre ha differenziato il lavoro pubblico da quello privato è senz’altro quello dell’assenteismo e degli strumenti a disposizione dei datori di lavoro per prevenirlo e reprimerlo. Sono decenni che gli addetti ai lavori studiano la questione evidenziandone gli aspetti giuridici e quelli sociologi ad essa sottesi. Non è certamente servita a nulla la contrattualizzazione del pubblico impiego del 1993 e l’aver portato il rapporto di lavoro pubblico sotto la fonte normativa del codice civile. È inutile tentare di omologare ciò che nasce diverso per una evidente differenziazione: la natura giuridica del datore di lavoro. Mentre l’imprenditore privato non può permettersi che suoi dipendenti non lavorino a fronte dello stipendio che eroga loro, il dirigente o l’amministratore pubblico non percepiscono questo danno perché a loro personalmente non causa alcuna conseguenza. E le norme che colpiscono “omissioni, ritardi e valutazioni irragionevoli o infondate” da parte del dirigente (art. 55-sexies, comma 3) sono incomplete perché non prevedono, a loro volta, chi dovrebbe applicarle al dirigente ignavo o inerte. Deve insomma essere definita bene la filiera dei controlli e delle responsabilità alla luce del classico ma sempre attuale principio del quis custodiet ipsos custodes.
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