Il blocco dei contratti degli statali, deciso nel 2010 e via via prorogato fino all’ultima legge di stabilità, è illegittimo. Ma solo per il futuro. Nessun effetto retroattivo, dunque, e di conseguenza nessun impatto immediato sui conti pubblici. Viene quindi scongiurato il buco di 35 miliardi di euro (paventato dall’avvocato dello stato Vincenzo Rago) che si sarebbe aperto qualora la declaratoria di incostituzionalità avesse coperto il periodo 2010-2015. Ora però il rinnovo contrattuale degli oltre 3 milioni di lavoratori pubblici potrà ripartire, con effetti sulle casse dello stato stimabili tra i 3 e i 5 miliardi. L’attesa sentenza della Corte costituzionale sulle norme del dl 78/2010 e del dl 98/2011 che avevano congelato gli stipendi dei dipendenti statali ai livelli del 2010, è arrivata ieri dopo una lunga camera di consiglio. In uno scarno comunicato, la Consulta ha dichiarato «l’illegittimità costituzionale sopravvenuta» delle norme che hanno istituito il blocco e di quelle che lo hanno prorogato, «con decorrenza dalla pubblicazione della sentenza».
In attesa di conoscere le motivazioni che hanno indotto il giudice Silvana Sciarra (la stessa della sentenza n.70/2015 sulla rivalutazione delle pensioni) a limitare l’efficacia temporale della pronuncia di incostituzionalità si possono formulare solo ipotesi. E quella più probabile è che la Corte abbia seguito lo stesso iter logico che a febbraio (sentenza n.10/2015) l’ha portata a dichiarare illegittima della cosiddetta Robin Tax (l’addizionale Ires per le aziende petrolifere ed energetiche istituita dal governo Berlusconi nel 2008). In quella sede la Consulta ha chiarito che la regola generale della retroattività delle proprie pronunce incontra tuttavia dei limiti. Uno è la tutela dei «rapporti esauriti» che non possono essere travolti, pena il venir meno della certezza del diritto. Un altro è l’obbligo del pareggio di bilancio che ha fatto il suo ingresso in Costituzione (art.81) a partire dal 2012. «Il ruolo affidato a questa Corte», aveva scritto a febbraio il giudice Marta Cartabia, richiamando una pronuncia del 2004«impone di evitare che la dichiarazione di illegittimità costituzionale di una disposizione di legge determini effetti ancora più incompatibili con la Costituzione». Cosa che, nel caso di specie, sarebbe accaduta se la normativa sulla Robin Tax fosse stata rimossa con effetto retroattivo, aprendo la strada alla necessità di una manovra finanziaria aggiuntiva.
Le reazioni. A chiedere un’immediata riapertura del tavolo contrattuale sono tutti i sindacati all’unisono. «Il governo non ha più alibi. Chiediamo l’apertura immediata di un tavolo di contrattazione per arrivare al rinnovo del contratto subito», hanno scritto in un comunicato congiunto i segretari generali di Fp-Cgil Cisl-Fp Uil-Fpl e Uil-Pa, Rossana Dettori, Giovanni Faverin, Giovanni Torluccio e Nicola Turco, «Attendiamo di conoscere in dettaglio la sentenza», ha commentato Marco Carlomagno, segretario generale della Flp (Federazione lavoratori pubblici e funzioni pubbliche) che ha dato il via ai ricorsi, «ma possiamo dire da subito che giustizia è fatta ed è stata restituita ai lavoratori pubblici la dignità del proprio lavoro. Ora il governo non ha più scuse. Apra subito il negoziato e rinnovi i contratti». Sulla stessa lunghezza d’onda il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo.
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