È aggiornata a oggi la camera di consiglio della Corte costituzionale chiamata a pronunciarsi sul blocco dei contratti nel pubblico impiego. Come previsto, i giudici della Consulta si sono riuniti ieri ma in serata è stato deciso di proseguire la riunione questa mattina. Occorrerà dunque attendere almeno altre 24 ore per sapere se la Consulta dichiarerà legittimo il congelamento di stipendi e trattamenti accessori per il personale del pubblico impiego contrattualizzato introdotto nel 2010 per gli anni dal 2011 al 2013 dall’esecutivo Berlusconi poi confermato e prorogato dai Governi successivi.
Nel caso di una bocciatura del blocco, invocata dai sindacati, la ricaduta negativa sui conti pubblici sarebbe di 35 miliardi (due punti di Pil) secondo le indicazioni contenute nella memoria difensiva dell’Avvocato dello Stato, Vincenzo Rago. Che ieri nell’udienza ha invitato la Corte, nel caso di una pronuncia di incostituzionalità delle norme sul blocco dei contratti, a chiarire «i tempi di applicazione» della propria dichiarazione. Rago, pur senza citare il rischio di “buco” da 35 miliardi, ha esplicitamente richiamato l’articolo 82 della Costituzione, modificato nel 2012, che prevede l’obbligo di pareggio di bilancio «per valutare sotto il profilo della ragionevolezza le scelte legislative». E ha fatto riferimento alla recente pronuncia della Consulta sulla Robin tax, dichiarata incostituzionale ma senza effetto retroattivo. I legali dei sindacati (Flp, Fialp e Cse, che insieme a Unams, Confedir, Cse e Confsal, hanno fatto ricorso) hanno invece ribadito che il blocco dei contratti è «inaccettabile e eversivo» e hanno sottolineato che «il vulnus creato» da questo intervento «è triplo» rispetto a quello che nelle scorse settimane ha portato la Corte a bocciare il blocco dell’indicizzazione delle pensioni.
I giudici della Corte oltre a guardare alle due recenti pronunce su Robin tax e perequazione delle pensioni valuteranno con ogni probabilità anche la decisione già presa dalla Consulta nel dicembre 2013 nel dichiarare legittimo per il solo personale del pubblico impiego non contrattualizzato (magistrati, professori universitari) proprio il blocco degli adeguamenti retributivi e degli automatismi stipendiali introdotto nel 2010 dal governo Berlusconi con il decreto legge n. 78.
La pronuncia della Consulta avrà quasi sicuramente una ricaduta anche sul cammino in commissione Affari costituzionali alla Camera della riforma Pa targata Madia. Ieri è stato approvato un emendamento a firma Giovanna Martelli (Pd) che fa scendere dal 20% al 10% la soglia di dipendenti cui è assicurato entro tre anni, nei casi in cui lo richiedano, forme di telelavoro. È poi passato un altro correttivo, sempre del Pd, finalizzato a dare tempi certi per le risposte della Pa a cittadini e imprese sul versante delle procedure collegate a Scia e silenzio-assenso.
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