Con parere del 11/02/2014 n. RAL_1680_Orientamenti Applicativi, l’ARAN risponde al seguente specifico quesito posto da un comune:
E’ possibile sanare la mancanza del requisito sostanziale della contrattazione integrativa consistente nel mancato parere favorevole dei revisori dei conti, anche relativamente a contratti già chiusi e sottoscritti?
Nell’ambito della procedura prevista per la contrattazione integrativa, ai sensi dell’art. (art.40-bis del D.Lgs. n.165/2001 e dell’art.5, comma 3, del CCNL dell’1.4.1999, come sostituito dall’art. 4 del CCNL del 22.1.2004, la preventiva verifica della compatibilità degli oneri delle clausole del contratto di secondo livello con i vincoli posti dal contratto nazionale e dal bilancio dell’ente, ma anche del rispetto delle disposizioni inderogabili di norme di legge che incidono sulla misura e sulla corresponsione dei trattamenti accessori, rappresenta un requisito assolutamente necessario.
La mancanza di tale adempimento, conseguentemente, incide sulla validità e, conseguentemente, sulla stessa applicabilità del contratto integrativo.
Solo nel caso particolare (art.5, comma 3, del CCNL dell’1.4.1999, come sostituito dall’art. 4 del CCNL del 22.1.2004) in cui trascorrano, comunque, quindici giorni dal ricevimento del testo dell’ipotesi di accordo da parte del soggetto preposto al controllo senza che quest’ultimo sollevi rilievi, l’Organo di direzione politica può comunque autorizzare la definitiva sottoscrizione del contratto integrativo.
Pertanto, al di fuori di questa particolare fattispecie, non si ritiene possibile sottoscrivere definitivamente ed applicare il contratto integrativo.
Diversamente ritenendo, sostanzialmente, si ammetterebbe la possibilità della stipulazione di un contratto di secondo livello che sia privo di copertura finanziaria o sia in contrasto con i vincoli di bilancio o con altre norme di carattere imperativo o anche con disposizioni del contratto collettivo nazionale.
In proposito, si richiamano le disposizioni dell’art. 40, comma 3-quinquies, del D. Lgs. n.165/2001, secondo le quali: “Le pubbliche amministrazioni non possono in ogni caso sottoscrivere in sede decentrata contratti collettivi integrativi in contrasto con i vincoli e con i limiti risultanti dai contratti collettivi nazionali o che disciplinano materie non espressamente delegate a tale livello negoziale o che comportano oneri non previsti negli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione”.
Proprio sulla base di tale espressa previsione legale, la scrivente Agenzia nei propri orientamenti applicativi, ha evidenziato che:
a) quella sorta di meccanismo di silenzio assenso, in relazione al decorso al tempo a disposizione dell’organo di controllo per le a verifiche di sua competenza, di cui sopra si è detto, è previsto ma non imposto dalla disciplina contrattuale (art.5, comma 3, del CCNL dell’1.4.1999, come sostituito dall’art. 4 del CCNL del 22.1.2004);
b) conseguentemente, anche dopo l’avvenuta scadenza del termine previsto di quindici giorni, l’organo di direzione politica non perciò debba automaticamente e necessariamente autorizzare la sottoscrizione definitiva del contratto decentrato integrativo, in considerazione della gravità delle conseguenze che, anche sotto il profilo delle proprie responsabilità, potrebbero derivare dalla stipulazione di un contratto integrativo privo di copertura finanziaria o in contrasto con i vincoli di bilancio o comunque in contrasto con altre norme imperative.
Alla luce di quanto sopra detto, non sembra possibile un controllo dei revisori ora per allora rispetto a contratti integrativi già, a su tempo, sottoscritti ed applicati.
Una soluzione diversa potrebbe derivare solo da una più flessibile interpretazione delle previsioni del citato art. 40-bis, del D.Lgs. n.165/2001.
Ma una tale interpretazione esula dall’attività di assistenza dell’ARAN dato che questa è limitata dall’art.46, comma 1, del D.Lgs.n.165/2001 esclusivamente alla formulazione di orientamenti per la uniforme applicazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro e non può estendersi anche alla definizione della portata applicativa di specifiche disposizioni di legge.
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