Il 15 novembre prossimo, unitariamente, CGIL, CISL e UIL del Piemonte hanno deciso di indire uno sciopero per l’intera giornata contro la Legge di Stabilità, manifestando insieme in tutte le città capoluogo. Ne danno notizia i sindacati. “Dal 2008 – affermano Giovanni Esposito (Fp Cgil), Santina Pantano (Cisl Fp), Roberto Scassa (Uilfpl) e Teresa Varacalli (Uilpa) – a partire dai tagli economici e normativi effettuati dai ministri Tremonti e Brunetta in poi, il lavoro pubblico sopporta il peso del risanamento del Paese. Sei anni durante i quali le retribuzioni sono calate, i dipendenti cessati non sono stati sostituiti, le condizioni organizzative sono peggiorate per cittadini e lavoratori. Il blocco dei rinnovi contrattuali ha determinato, dal 2009 a oggi, una perdita calcolabile tra i 3000 e i 4000 euro per lavoratore”.
“La Legge di Stabilità, in discussione in Parlamento – proseguono -, prevede, con l’ennesimo blocco contrattuale, un ulteriore impoverimento, calcolabile tra i 1000 e i 2000 euro, senza considerare l’incomprensibile, reiterato, blocco del turn-over, la rateizzazione del Tfr, i continui tentativi del Governo di recuperare risorse economiche impoverendo sempre più le singole Amministrazioni. Quest’ultimo aspetto ha significato, e significa, chiusura di uffici periferici, abbassamento della qualità dei servizi, riduzione drastica dell’accesso fisico dei cittadini presso le singole Amministrazioni. Con l’alibi della crisi economica si sta smantellando il sistema di welfare diffuso, proprio del nostro Paese. E l’esperienza ci ha insegnato che quando il servizio pubblico è arretrato dal territorio questo rimarrà privo, per sempre, della presenza dello Stato: ospedali, Tribunali, uffici periferici dei vari Ministeri, Enti Pubblici, Consorzi chiusi solo per un risparmio economico”.
I sindacalisti ricordano che “milioni di lavoratori pubblici vivono quotidianamente tutto questo e milioni di cittadini ne vivono le conseguenze. Si è giunti a un punto di non ritorno. È necessario – chiedono – che Governo e Parlamento rivedano profondamente quanto successo in questi anni e rimettano il welfare e il lavoro pubblico al centro delle loro preoccupazioni. Ciò significa: reperire le risorse economiche, attraverso una patrimoniale sui grandi patrimoni e sulle rendite finanziarie, pensare ad una seria politica di rinnovamento delle risorse umane, rilanciare la contrattazione, ripristinare la presenza pubblica sui territori, assumere i tanti precari e rinnovare i Contratti nazionali fermi da cinque anni”.
“Il Governo e il Parlamento – concludono i sindacati – devono rivedere questa Finanziaria e smettere di considerare il lavoro pubblico una palla al piede, riflettendo su quanto importante sia, più dello spread, la coesione sociale che solo il Pubblico può assicurare”.
(FONTE: www.rassegna.it)
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