La legge di Stabilità 2014 sale a 30 miliardi. Serviranno per tentare di rilanciare il paese allo stremo, al terzo anno di recessione consecutiva, e per fare un’operazione di riduzione di tasse, come annunciato ieri dal presidente del Consiglio, “mai tentata”, da 18 miliardi. L’Italia si gioca il tutto per tutto perché buona parte della manovra sarà in deficit: spinta positiva per moltiplicare la crescita e arrestare la deflazione, ma fumo negli occhi a Bruxelles.
Il pacchetto, che sarà varato dal consiglio dei ministri di domani, è pronto: il premier ne ha annunciato l’architettura ieri parlando agli industriali a Bergamo e i tecnici sono al lavoro al ministero del Tesoro per limare gli ultimi dettagli della prima manovra del governo firmata Renzi-Padoan. L’entità delle risorse che il governo ha deciso di immettere nell’economia è rilevante e, per evitare – come ha spiegato Padoan – di aggravare ancora di più la recessione si basa sostanzialmente per meno della metà su tagli (circa 13,3 miliardi), in parte sul ricorso al deficit (11,5 miliardi)e in misura minore su entrate fiscali di vario genere (circa 5 miliardi).
Dove andranno le risorse? In primo luogo serviranno alla conferma del taglio dell’Irpef sui bassi redditi: il celebre bonus di 80 euro per chi guadagna sotto i 1.500 euro al mese che costa 10 miliardi e che ci sarà anche nel 2015. Misura che potrebbe essere affiancata da quella, a costo zero, dell’anticipo delle liquidazioni dei lavoratori in busta paga a neutralità fiscale. Obiettivo: spinta ai consumi. In seconda battuta nelle priorità della “Stabilità” ci sono le aziende: Renzi ha annunciato che il taglio dell’Irap sarà più consistente di quanto si è pensato fino ad oggi, e raggiungerà i 6,5 miliardi. Sara probabilmente una operazione che inciderà sulla componente lavoro dell’imponibile fino ad azzerarlo: un aspetto che ha sempre sollevato malumori e contestazioni di vario genere.
L’altra misura, volta a favorire le assunzioni di giovani, riguarda una sorta di fiscalizzazione degli oneri sociali che consentirà alle imprese di pagare zero contributi sui nuovi assunti per un triennio (1,5 miliardi).
L’emergenza che viene dai territori e dai Comuni ormai a secco di risorse per gli investimenti dovrebbe essere fronteggiata con un miliardo: sarà allargato il cosiddetto «patto di stabilità interno» nella parte che pone un tetto a investimenti dei Comuni. Stessa filosofia per la scuola: un miliardo per docenti e interventi straordinari di manutenzione.
Nel capitolo emergenze, quella più importante del lavoro: a 1,5 miliardi per il decollo del nuovo sussidio di disoccupazione universale. Uno sforzo viene fatto anche nei confronti delle famiglie numerose che avranno circa 500 milioni probabilmente in termini di assegni ai figli o detrazioni Irpef. Resta invece in bilico ma non è detto che non possa entrare una misura dell’ultima ora: la reintroduzione della detrazione generalizzata sulla tassa sulla casa, com’era con l’Imu nel 2012, paria 200 euro per tutti con l’aggiunta di 50 euro a figlio. L’operazione avverrebbe a ridosso del pagamento della rata Tasi del 16 ottobre che sta provocando nuovi disagi ed esborsi.
Da dove arriveranno le risorse? Il perno della manovra è lo spostamento dell’asticella del deficit dal 2,2 previsto al 2,9 per cento: con questa operazione si liberano 11,5 miliardi. Prudenzialmente il ministro dell’Economia Padoan ha previsto una riserva speciale di 2,5 miliardi per eventuali contestazioni da parte della Commissione europea a fronte del rinvio di due anni al 2017 del pareggio di bilancio. Ieri comunque l’Ufficio parlamentare di bilancio, organismo previsto dal Fiscal compact, ha dato il disco verde al Def e ha riconosciuto l’esistenza di “circostanze eccezionali” per il rinvio del pareggio.
Il capitolo dei tagli o spending review, investe l’intera pubblica amministrazione, centralee periferica. In tutto per quest’anno circa 13,3 miliardi: cinque verranno dai ministeri, 3 dalle Regioni, 1,8 dai Comuni e 3,5 dalle Province. Non è escluso un intervento sulle municipalizzate e un piccolo intervento sulla sanità al di fuori del pacchetto gestito dalle regioni.
Le tasse non aumenteranno, ha garantito Renzi. Ma questo non significa che il comparto fiscale non sarà toccato. La vecchia partita delle detrazioni fiscali dovrebbe dare 1,2 miliardi: si lavora al taglio progressivo, in base a fasce di reddito, della percentuale del 19 per cento per alcuni oneri detraibilia partire dalle spese mediche e sanitarie.
La lotta all’evasione dovrebbe far conto del dispositivo elettronico messoa punto da Rossella Orlandi all’Agenzia delle entrate oltre a nuove norme come la reverse charge cioè l’autofatturazione dell’Ivaa carico dell’acquirente di grandi servizi e dell’edilizia. Aumento delle tasse anche per le slot machine, le macchinette mangiasoldi dalle quali Renzi è intenzionato a prelevare 1,5 miliardi.
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