E così finalmente dopo quasi 7 anni dalla innovazione normativa di Brunetta, 8 mesi dalla sentenza della Corte Costituzionale, 2 mesi dalla direttiva della Ministra Madia, ecco che lo scenario dei rinnovi contrattuali assume una definizione precisa. Con la sottoscrizione del contratto quadro avvenuta il 5 aprile scorso è, dunque, a regime il nuovo assetto dei comparti di contrattazione collettiva del pubblico impiego. E’ vero che quella sottoscritta nei giorni scorsi è una “ipotesi” di contratto che – prima della firma definitiva – deve acquisire il parere favorevole da parte dei Comitati di Settore congiunti ed essere certificata per la compatibilità dei costi dalla Corte dei Conti ma è altrettanto vero che il testo plausibilmente non subirà alcuna modifica. I comparti e le aree dirigenziali sono dunque quattro, esattamente il numero fissato come massimo dall’art. 54 del decreto 150 del 2009 che novellava il secondo comma dell’art. 40 del d.lgs. n. 165/2001. Va detto subito che dal generale processo di accorpamenti esce totalmente indenne la Sanità che risulta essere l’unico comparto ad aver mantenuto le peculiarità e le proprie identità degli ultimi venti anni. La vittoria della dirigenza sanitaria è stata netta ed è andata ben oltre il dettato normativo. Non va infatti dimenticato che il citato art. 40, comma 2 del d.lgs. n. 165/2001 aveva previsto che una “apposita sezione contrattuale di un’area dirigenziale riguarda la dirigenza del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale” mentre dall’Accordo di cui si discute esce una area negoziale vera e propria e del tutto autonoma (art. 7, lett. D). E addirittura alcuni sindacati medici chiedono una apposita sezione per i soli medici, stravolgendo con tale richiesta ancora di più l’impianto della legge
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento