Piani anticorruzione in porto

La rotazione dei dirigenti e dei dipendenti è uno dei nodi più delicati da sciogliere

Marcello Serra 31 Gennaio 2014
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La rotazione dei dirigenti e dei dipendenti è uno dei temi più delicati che i piani triennali anticorruzione, il cui termine per l’adozione scade oggi, debbono affrontare. Proprio il tema della rotazione dei dipendenti si è rivelato uno dei più complessiva affrontare, nella corsa contro il tempo per approvare entro il 31 gennaio 2014 i piani anticorruzione previsti dalla legge 190/2012. La questione del termine Molte amministrazioni, condizionate da una fretta ingiustificata, visto che il termine è solo ordinatorio (viene sanzionato solo il responsabile della prevenzione per la mancata proposta del piano), hanno risolto la questione della rotazione in modo piuttosto sommario e sbrigativo: inserendo nei piani e nei regolamenti la misura della rotazione come ordinario strumento di gestione del lavoro, in particolare per gli incarichi dirigenziali o di vertice. L’approccio sbagliato e quello corretto È un approccio, però, non corretto, conseguenza dell’inadempimento, da parte del Dipartimento della funzione pubblica, alla previsione dell’articolo 1, comma 4, lettera f), della legge 190/2012, ai sensi del quale Palazzo Vidoni avrebbe dovuto definire «criteri per assicurare la rotazione dei dirigenti nei settori particolarmente esposti alla corruzione». L’assenza di tali criteri generali ha spinto le amministrazioni ad andare un po’ in tutte le direzioni, ma con prevalenza di scelte drastiche, quali, appunto la rotazione intesa come strumento normale della gestione del rapporto di lavoro. Al contrario, la rotazione, pur da qualificare come mezzo indispensabile anticorruzione, è una misura straordinaria e di limitata portata. Non si deve dimenticare che la rotazione quale normale strumento di conferimento degli incarichi dirigenziali è stata eliminata da anni nell’attuale testo dell’articolo 19 del dlgs 165/2001, che non la contempla più. Né la legge 190/2012 l’ha ripristinata in tale veste. Infatti, come si nota riguardando il già citato articolo 1, comma 4, lettera f), della legge 190/2012, e come indicato nel Piano Nazionale Anticorruzione elaborato dalla Civit, la rotazione dei dirigenti dei dirigenti deve essere limitata ai soli settori particolarmente esposti alla corruzione. Dunque, non a tutti. Spetta ai piani triennali definire quali siano i settori e solo in conseguenza di ciò applicare i criteri, che però andrebbero definiti dalla Funzione pubblica. Le due eventualità in campo La previsione regolamentare, dunque, della rotazione come ordinario sistema di gestione degli incarichi dirigenziali, non risulta né corretta, né legittima. I piccoli enti, per altro, come afferma il Piano nazionale, possono anche derogare alla rotazione, per ragioni organizzative (la presenza di figure di vertice infungibili, ad esempio), purché le spieghino esplicitamente nei piani. I quali, comunque, debbono in ogni caso prendere in considerazione criteri per la rotazione laddove emergano circostanze straordinarie, che ne impongano l’utilizzo, anche se l’organizzazione non lo consenta o anche nelle aree non qualificate a particolare rischio di corruzione. Una prima eventualità è la sussistenza di una conclamata violazione delle regole anticorruzione poste dalle norme da parte di un dipendente, verificata a seguito di procedimento disciplinare o pronunce giudiziarie. In questo caso, lo spostamento anche solo cautelare del dipendente presso un altro ufficio può essere fonte di una rotazione necessitata. Una seconda ipotesi, che può rivelarsi particolarmente frequente, è l’emersione di una situazione di conflitto di interessi: in questo caso è inevitabile attuare la rotazione. Con la precisazione che criterio consigliabile di disciplina della rotazione, è non solo quella del personale, cioè spostare definitivamente un dipendente da un ufficio all’altro, ma anche quella «delle pratiche». In altre parole, per evitare il conflitto di interessi, la regola dell’astensione può essere applicata anche mediante la «rotazione dei fascicoli», che non impone un trasferimento definitivo del dipendente ad altro ufficio o persino profilo.

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