D’Alia: 7mila tagli ma nessuno licenziato

Pubblico impiego. Metà degli esuberi riassorbiti con la mobilità interna, per gli altri scatta il pensionamento

Marcello Serra 14 Agosto 2013
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Il Governo è impegnato ad applicare le norme previste dalla spending review sul pubblico impiego, con la gestione di circa 7-8mila eccedenze di personale nelle amministrazioni statali. Due le strade che saranno percorse, ha spiegato ieri il ministro della Pa e la Semplificazione, Gianpiero D’Alia: metà delle eccedenze «saranno riassorbite con procedure di mobilità verso altre amministrazioni», l’altra metà «attraverso il cosiddetto esodo volontario per quella parte del personale che è in possesso dei requisiti per andare in pensione secondo le norme precedenti la riforma Fornero. Questo è già previsto e queste sono le procedure». Insomma non c’è alcun rischio di passare da una gestione morbida degli esuberi ai licenziamenti. «Nessuno ne ha mai parlato né dentro né fuori del governo e non capisco la ragione per la quale ci sia qualcuno che voglia ingenerare questo tipo di opinione» ha chiarito D’Alia, smentendo formalmente l’esistenza di un piano per 200mila prepensionamenti («è una notizia non vera»). L’intervento dell’Esecutivo, previsto con un decreto ancora in fase di elaborazione (si veda l’altro articolo sulle auto pubbliche), dovrebbe passare per una proroga dei termini ormai scaduti per la gestione degli esuberi generati dai tagli alle dotazioni organiche (articolo 2 del dl 95/2012). Nuove date sono indicate per la comunicazione delle cessazioni dal servizio, per la dichiarazione degli esuberi e per il possibile riassorbimento in altre amministrazioni dei cosiddetti «dipendenti in soprannumero». Si punterebbe, poi, ad un allungamento di due anni (dal 31 dicembre 2014 al 31 dicembre 2016) della possibilità di pensionamento con i vecchi requisiti, misura che verrebbe accompagnata da obblighi più stringenti per le amministrazioni di procedere alla cessazione dei contratti quando uno dei requisiti per il pensionamento sia maturato. A queste misure se ne aggiungono altre per consentire un parziale assorbimento del personale precario tramite concorsi riservati a chi abbia cumulato almeno tre anni di contratti a tempo determinato negli ultimi cinque anni. Mentre la validità delle graduatorie degli ultimi concorsi per assunzioni full time sarebbe prorogata fino al 31 dicembre 2015. Se il testo verrà confermato in questo modo si potrà procedere a un parziale svecchiamento del personale in servizio, un fenomeno che è conseguenza di lunghi anni di blocco del turn over che ha accompagnato lo stop al rinnovo dei contratti. Secondo l’Aran, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni, l’effetto congiunto dei due blocchi ha determinato il passaggio da circa 3.650.000 dipendenti pubblici del 2006 ai 3.350.000 attuali, con un calo occupazionale di circa 300mila unità, mentre la massa retributiva si è stabilizzata nel 2010 ed ha cominciato a ridursi dall’anno successivo, cumulando sino al 2012 una diminuzione di poco inferiore al 5%, corrispondente a quasi 6 miliardi di minor spesa nominale. In vista delle determinazioni che verranno prese dal Governo il ministro ha parlato di un «necessario» confronto con i sindacati, con i quali bisogna aprire un canale di dialogo «sulle priorità», nella speranza che sui temi del pubblico impiego non si vada ad un «autunno caldo». Una prospettiva che non convince però la Lega che, con il vicepresidente del Senato Roberto Calderoli, ha chiesto in una nota di procedere con i licenziamenti: «Sbaglia il ministro Gianpiero D’Alia quando dichiara, a fronte di un’eccedenza di personale per circa sette o ottomila unità, che nessuno verrà licenziato. Cogliamo invece l’occasione al volo e licenziamo immediatamente tutti coloro che si sono dimostrati “fannulloni” nella pubblica amministrazione, recuperando così una parte delle risorse per coprire l’abolizione dell’Imu e l’aumento dell’Iva».

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