In un precedente articolo (vedi V. Giannotti 30/1/2018) si evidenziava come, la Corte di Cassazione (ordinanza del 19 gennaio 2018, n. 1415) avesse consolidato un suo precedente orientamento stabilendo i seguenti importanti principi di diritto:
a) il dipendente che presti la sua attività non autorizzata nei confronti di soggetti terzi soggiace ex lege al riversamento dei citati compensi nei confronti della propria amministrazione;
b) spetta all’amministrazione agire in via monitoria nei confronti del dipendente al fine di recuperare le citate somme, senza necessità di stabilire se vi sia o meno stato un danno erariale essendo il citato riversamento qualificabile come sanzione stabilita ex lege;
c) non può esservi, pertanto, alcuna competenza della Corte dei conti su una sanzione stabilita dalla legge, la cui cognizione non può che essere, pertanto, devoluta all’unico organo munito di giurisdizione, ossia il giudice ordinario.
Nonostante il citato indirizzo, i giudici contabili hanno continuato a ritenere la propria competenza (ex multis Corte dei conti Piemonte sentenza n. 33/2018), tuttavia, la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Sicilia con la sentenza n. 15/2017 declinava la propria giurisdizione in favore di quella del giudice ordinario, in considerazione dell’indirizzo del giudice di legittimità. Avverso la citata declinazione di competenza ricorre la Procura generale in appello, evidenziando che ai convenuti era stato contestato non soltanto l’omesso versamento di somme percepite per incarichi non autorizzati ma anche l’esercizio di un’attività extra-moenia in carenza di autorizzazione e senza il vaglio preliminare di compatibilità con la conseguenza che “il pregiudizio all’interesse pubblico tutelato dalla norma deve considerarsi in nuce, attesa la rilevanza degli interessi pubblici presidiati dall’obbligo violato”. Inoltre, la competenza del giudice contabile è stata affermata da diverse sentenze (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per il Veneto, sentenze n. 201/2017, n. 53/2015, n. 94/2016, n. 118/2016, n. 30/2017 e la stessa Corte di Appello per la Sicilia, sentenza n. 161/2017).
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