Decorrenza del termine per la contestazione disciplinare e sindacato giudiziale sul licenziamento per giusta causa

Focus sulla decorrenza del termine per l’instaurazione del procedimento disciplinare (con il contributo delle valutazioni dei giudici della Cassazione)

16 Gennaio 2019
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La Suprema Corte di Cassazione, con la pronuncia n. 31482, depositata lo scorso 5 dicembre, torna su due punti nodali della tematica disciplinare.
Il primo è quello della decorrenza del termine per l’instaurazione del procedimento disciplinare, sotto lo specifico profilo della completezza delle informazioni necessarie per l’avvio del procedimento e quindi dell’individuazione del momento da cui decorre il termine per la contestazione di addebito.
Il secondo, concerne la portata della verifica, rimessa al Giudice, della gravità dei fatti addebitati e della proporzionalità tra gli stessi e la sanzione disciplinare irrogata.
Quanto al primo aspetto, è appena il caso di sottolineare che nel disegno del d.lgs. n. 165/2001 e le sue (ormai numerose) modifiche ed integrazioni, da ultimo apportate con d.lgs. n. 75/2017, la nozione di tempestività della contestazione disciplinare è stata oggettivata con la previsione di un termine, espressamente perentorio.
Detto termine è fissato dall’art. 55 bis comma 4, in trenta giorni dal ricevimento, da parte dell’Ufficio per i Procedimenti Disciplinari (U.P.D.), della segnalazione, ad opera del responsabile della struttura presso cui presta servizio il dipendente, dei “…fatti ritenuti di rilevanza disciplinare…” ovvero, ove si prescinda dalla suddetta segnalazione, dal momento in cui l’U.P.D. “…abbia altrimenti avuto piena conoscenza dei fatti ritenuti di rilevanza disciplinare”.
La norma non offre significativi spunti testuali per riempire di contenuto la nozione di cui al predetto comma: al netto delle pur possibili riflessioni cui induce una formulazione che (non si comprende quanto volutamente) distingue tra “conoscenza” dei fatti da parte del segnalante nel primo periodo del comma in esame e la “piena conoscenza” di cui al secondo periodo (riferita all’U.P.D), deve necessariamente farsi riferimento alla giurisprudenza di legittimità che ha affrontato, a più riprese, il problema interpretativo.

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