«Nella mozione del Senato sui criteri delle nomine nelle società pubbliche i partiti hanno perso un’occasione per fare un cambio di passo nei rapporti tra economia e politica». Linda Lanzillotta, vicepresidente del Senato eletta con Scelta civica, spiega le ragioni del “no” della lista Monti alla mozione “unitaria” che indica al governo i requisiti per i candidati ai consigli di amministrazione delle società a partecipazione pubblica. «Abbiamo proposto due questioni fondamentali per proteggere le società pubbliche dall’invasione della politica. La prima dice la senatrice di Scelta civica riguarda la non eleggibilità di ex parlamentari, ex consiglieri di Regioni e province nei cda di società pubbliche per un anno dalla cessazione del mandato. La seconda proposta era un tetto al numero dei mandati, non più di tre, cioè nove anni, nella stessa società». Il tetto ai mandati metterebbe automaticamente fuori gioco alcuni dei più potenti (e più pagati) manager pubblici, reclutati durante i governi di Silvio Berlusconi e con il mandato in scadenza nell’aprile-maggio 2014: a quel punto avranno fatto nove anni in carica Paolo Scaroni dell’Eni, Fulvio Conti dell’Enel, Flavio Cattaneo di Terna; Massimo Sarmi delle Poste è al quarto mandato. È in dubbio se la tagliola sarebbe scattata anche per Mauro Moretti delle Fs, di area Pd, in carica da sette anni. Inevitabile che una simile proposta provocasse un robusto fuoco di sbarramento. «Non c’è alcun personalismo», osserva la senatrice di Scelta civica. «L’obiettivo era evitare l’immobilismo e le ragnatele di potere che si creano con la permanenza di una stessa persona al vertice molti anni. Talvolta anche i mercati finanziari apprezzano il cambiamento. Ma su questo c’è stata una blindatura totale di Pd e Pdl», dice Lanzillotta. Il viceministro dell’Economia Stefano Fassina ha respinto gli emendamenti «senza dare neppure una motivazione su una questione così importante». La mozione della maggioranza, primo firmatario Salvatore Tomaselli del Pd, è stata approvata anche dai senatori di M5S e da Pier Ferdinando Casini, Udc aderente a Scelta civica. «Il nostro no, manifestato con l’astensione, non è decisivo in termini numerici, ma è la prima volta che la maggioranza si rompe. E poi c’è il voto favorevole del M5S. Non usciamo dalla maggioranza, ma se si forma un neoconsociativismo saremo lì a incalzare…». L’atmosfera sulle nomine si surriscalda. Sono impellenti quelle di tre consiglieri di Finmeccanica tra cui il presidente, previste il 4 luglio, ma c’è un braccio di ferro nel governo su varie canddiature. Inoltre nelle prossime settimane sono da nominare per intero i cda di Fs, Sace, Invitalia, Sogin, il vertice di F2i, due consiglieri di Fincantieri tra cui il presidente. Il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, ha già anticipato in un’intervista al Sole 24 Ore il 31 maggio che «un comitato di garanti si occuperà di fare lo screening dei candidati». Lo farà sulla base dei criteri che, acquisita la mozione parlamentare, benché questa non vincoli il governo, Saccomanni inserirà in una direttiva. Malgrado queste critiche, Lanzillotta riconosce che nel testo approvato «ci sono molte cose positive». Come l’introduzione nei requisiti di onorabilità e professionalità di una causa di ineleggibilità per coloro che abbiano avuto un rinvio a giudizio, o abbiano patteggiato la pena o riportato una condanna per reati contro la pubblica amministrazione, contro il patrimonio, contro l’economia pubblica, in materia tributaria. Per le stesse ragioni per chi è in carica è prevista la decadenza dal mandato. Il governo dovrà decidere se questa clausola si applica a Scaroni, che nel 1996 ha patteggiato una condanna a un anno e quattro mesi per le tangenti pagate, da vicepresidente della Techint, per avere appalti dall’Enel.
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