La caccia alla calcolatrice è cominciata. Esclusi i fortunati che riusciranno ad andare in pensione con le vecchie regole (se i requisiti sono maturati entro il 31 dicembre del 2012), chi pregustava le panchine ai giardinetti e il tempo passato con i nipotini, in questi giorni è invece preda del demone del ricalcolo. Il problema è: quanto è stato spostato in avanti l’agognato traguardo pensionistico? Il peggio che può capitare sono sei anni in più di lavoro.
Le donne nel privato
Per le donne dipendenti del settore privato, in particolare, è arrivata un’accelerata che si fa sentire. L’età necessaria per andare in pensione di vecchiaia sarà portata a 62 anni nel 2012 per arrivare a 66 anni nel 2018 con una sorta di maxiscalone, lo stesso requisito già stabilito per gli uomini e le donne dipendenti della pubblica amministrazione.
Come si calcola l’assegno
Sarà esteso a tutti il metodo contributivo pro rata (cioè proporzionale). Il primo sistema dà diritto a una pensione proporzionata ai contributi versati nella vita lavorativa, il secondo calcolava l’assegno sulla base degli ultimi stipendi: dal momento che a fine carriera, normalmente, si guadagna di più è chiaro che con il retributivo si portavano a casa pensioni migliori. Ora il retributivo sarà applicato anche a chi ha cominciato a versare contributi prima del 1978. Per questi lavoratori il nuovo meccanismo varrà dal 2012, quindi gli anni di lavoro fino al 2011 saranno calcolati con il retributivo.
La rivalutazione
Le cattive notizie purtroppo non finiscono qui. «Il boccone amaro» lo ha definito Elsa Fornero, il ministro del Welfare che lo ha introdotto nella riforma: niente adeguamenti all’inflazione per le pensioni nel biennio 2012-2013. Unica eccezione per quelle fino al minimo (467,42 euro). Il blocco dell’indicizzazione delle pensioni riguarda il 76,5% degli assegni e darà risparmi per 3,8 miliardi di euro lordi nel 2012.
Il sistema delle quote
Sono abolite le cosiddette quote (età più contributi) e per i dipendenti dal 2012 sarà possibile uscire dal lavoro in anticipo rispetto all’età di vecchiaia solo con almeno 41 anni di contributi per le donne e 42 per gli uomini. Al momento gli anni necessari per andare in pensione anticipata sono 41 per uomini e donne (40 più un anno di finestra mobile).
Chi va in pensione prima
Chi andrà in pensione prima dei 62 anni con il pensionamento anticipato verrà penalizzato del 2% per ogni anno di anticipo sulla quota retributiva dell’importo della pensione, «in modo da costituire un disincentivo al pensionamento anticipato rispetto a quello di vecchiaia».
Chi va in pensione dopo
Al contrario, chi liberamente deciderà di restare a lavoro fino ai 70 anni potrà usufruire di coefficienti di trasformazione (quelli che determinano il moltiplicatore nel sistema contributivo) più convenienti dai 65 ai 70 anni.
Gli autonomi
È previsto un aumento delle aliquote contributive di 0,3 punti ogni anno per arrivare a due punti in più nel 2018 (adesso sono al 20-21% per i commercianti e gli artigiani, a fronte del 33% dei dipendenti).
Le finestre
Addio al meccanismo della «decorrenza» di 12 mesi per i dipendenti e 18 per gli autonomi. Il periodo sarà assorbito nei requisiti che per la vecchiaia degli uomini dipendenti saranno dall’anno prossimo, quindi pari a 66 anni (65 anni attuali più 12 mesi di finestra).
Gli enti previdenziali
Anche le casse previdenziali private devono fare i conti con la riforma ed equilibrare entrate e spese per le prestazioni. L’allarme è scattato per le casse di ingegneri, avvocati, veterinari e altri professionisti. I bilanci dovranno considerare un arco temporale di 50 anni. Il riequilibrio, se necessario, ricadrà sugli iscritti che, a seconda dei casi, dovranno pagare una contribuzione aumentata.
La tracciabilità
Con la norma che obbliga trasferimenti elettronici per le cifre sopra i cinquecento euro, le pensioni non potranno più essere ritirate in contanti alla posta. Sono però previsti degli incentivi: sugli accrediti non si paga il bollo e alle banche «è fatto divieto di addebitare alcun costo». 1952 la classe che paga di più I nati nel 1952 che sono entrati nel mercato del lavoro (pagando i contributi, si intende, non valgono i periodi di lavoro in nero) a 25 anni sono quelli che ottengono il risultato peggiore nell’incrocio tra età anagrafica e anni di contributi versati. Andranno in pensione sei anni più tardi del previsto: nel 2018 anziché nel 2012.
Rosaria Talarico
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