– la legge 190 e i successivi decreti legislativi hanno rappresentato un significativo passo in avanti riguardo alla prevenzione della corruzione, ma, ad avviso dell’A.N.AC., questi provvedimenti soffrono di alcune problematicità: a) una ambigua definizione dell’ambito soggettivo che rischia di lasciare fuori dal perimetro degli interventi parti essenziali del settore pubblico come le società partecipate o le fondazioni; b) un regime delle incompatibilità molto meno stringente per il livello statale rispetto a quello regionale e locale; c) la previsione di moltissimi adempimenti posti in modo indifferenziato su una numerosissima platea di soggetti pubblici che rendono problematica sia la loro attuazione sia il loro controllo. A ciò si sono aggiunti nel corso del 2013 alcuni provvedimenti normativi che hanno attenuato la portata delle misure adottate, in quanto con la legge n. 98/2013 si è previsto che il regime delle incompatibilità si applichi solo agli incarichi conferiti dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 39/2013, facendo quindi salvi tutti quelli in essere. Nel contempo, la legge n. 147/2013 ha escluso dalla disciplina della trasparenza tutti i soggetti pubblici che operano nel settore fiscale e della gestione del patrimonio immobiliare pubblico;
– la Commissione europea propone di “estendere i poteri e sviluppare la capacità dell’Autorità Nazionale Anticorruzione”. L’evoluzione legislativa che si è registrata negli ultimi mesi va in una diversa direzione. Il ridimensionamento delle funzioni consultive dell’Autorità operato con il d.l. n. 69/2013, convertito con modificazioni dalla legge n. 98/2013, nei fatti ha ricondotto all’Esecutivo funzioni interpretative i cui contenuti potrebbero limitare l’esercizio della vigilanza, se non in sintonia con l’interpretazione dell’Autorità. La previsione di un parere obbligatorio ma non vincolante da parte dell’Autorità sulle direttive e circolari del Ministro fornisce una soluzione parziale al problema. Inoltre, va sottolineata la permanente situazione di incertezza nella quale l’Autorità si è trovata ad operare in conseguenza di provvedimenti intervenuti sulla sua organizzazione e composizione. Il d. l. n. 179/2012, convertito con modificazioni dalla l. n. 221/2012 aveva, infatti, previsto che alla allora Civit, in aggiunta ai tre componenti già presenti, fosse preposto un presidente ma questa nomina non è stata effettuata. Inoltre, con il d.l. n. 101/2013, convertito con modificazioni dalla l. n. 125/2013 il legislatore, oltre a modificare il nome in Autorità Nazionale Anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche (A.N.AC.), ha aumentato il numero dei componenti e ha previsto anche la decadenza anticipata degli attuali prima della scadenza naturale del loro mandato. Indipendentemente da ogni valutazione sulla compatibilità tra le scelte operate in sede di decretazione d’urgenza e la materia dell’organizzazione amministrativa, tanto più quando sono in gioco questioni riguardanti l’indipendenza dell’Autorità, non si può non evidenziare che questo stato di cose rischia di minare l’autorevolezza dell’Autorità stessa, requisito essenziale per l’efficacia del suo operato e rischia di compromettere alcuni dei fondamenti delle recenti riforme, primo fra tutti quello dell’indipendenza. In questa prospettiva, va anche ribadita la sproporzione tra gli obiettivi assegnati dal legislatore all’Autorità e i mezzi a sua disposizione, come più volte segnalato in diverse sedi istituzionali. In particolare, in presenza di un’attività in costante crescita, la limitata dotazione di risorse umane e la mancanza di un ruolo organico, peraltro previsto per la quasi totalità delle Autorità indipendenti, pone notevoli problemi operativi;
– La Commissione europea osserva che la “Civit prevalentemente svolge una funzione reattiva piuttosto che proattiva”. La novità della legge n. 190 è quella di dare enfasi alla prevenzione della corruzione attraverso l’adozione e la realizzazione da parte delle amministrazioni di misure volte a prevenire il rischio che vanno integrate nell’organizzazione e nella gestione delle amministrazioni stesse. In questa prospettiva non è compito dell’A.N.AC. svolgere una funzione di carattere investigativo e repressivo che si sostanzierebbe in una sovrapposizione con l’azione giudiziaria. La missione è di limitare la frequenza e l’intensità della corruzione indirizzando i comportamenti delle amministrazioni attraverso la diffusione della trasparenza e delle regole di condotta e vigilando sulla loro applicazione effettiva, ma non di reprimere la corruzione laddove si manifesti;
– come ampiamente documentato nel Rapporto sul primo anno di applicazione della legge n. 190/2012 l’A.N.AC. si è adoperata nei mesi passati per accompagnare una vastissima platea di amministrazioni nella attuazione delle misure di prevenzione della corruzione producendo linee guida in materia di trasparenza e codici di condotta oltre che approvando il Piano Nazionale Anticorruzione predisposto dal Dipartimento della Funzione Pubblica. Ha anche risposto ai numerosissimi quesiti provenienti dai soggetti pubblici che si trovano nella necessità di dare attuazione a questa complessa normativa. L’azione di vigilanza è stata concentrata sulla nomina dei Responsabili della prevenzione della corruzione e sul rispetto degli obblighi di trasparenza sia con indagini dirette sui siti (che hanno dato luogo a Rapporti su ogni amministrazione esaminata) sia per effetto delle segnalazioni giunte dai privati. Per quanto riguarda il monitoraggio sulla attuazione del Piano Nazionale Anticorruzione e quello dei Piani triennali di prevenzione della corruzione, da adottarsi da parte delle amministrazioni pubbliche entro il 31 gennaio 2014, l’A.N.AC. sta avviando un piano di vigilanza non tanto sulle caratteristiche formali dei documenti di programmazione quanto sulla adeguatezza e sostenibilità degli obiettivi perseguiti e sulla verifica delle misure poste in essere per il loro effettivo conseguimento.
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