La diligenza su cui viaggiano le Province rischia di bloccarsi tra Frosinone e Latina. Se non è un assalto al decreto 188 poco ci manca. Dei 700 emendamenti presentati ieri nella I commissione del Senato circa 300 riguardano il contestato accorpamento nel Lazio. Una mole di modifiche che, da un lato, conferma come l’iter di conversione del Dl resti in salita e, dall’altro, rende ancora più intricato l’ingorgo di fine legislatura. Con due fiducie in agenda oggi al Senato (costi della politica e sviluppo-bis) e l’approdo in aula della legge elettorale atteso domani. Tutto ciò mentre la riforma del fisco sembra rimettersi in marcia. «Prima il parere alla Bilancio sulla legge di stabilità e poi la delega fiscale». È lo stesso presidente della Commissione Finanze del Senato a nutrire maggiore ottimismo sul cammino del Ddl bruscamente interrotto dall’aula la scorsa settimana. Ottimismo, ha spiegato Mario Baldassari, legato al fatto che gli uffici di Palazzo Madama hanno dato il loro assenso sulla possibilità che la commissione esamini la delega anche durante la sessione di bilancio. Il fascicolo degli emendamenti depositati venerdì scorso non è poi così corposo e «con la volontà di tutti ha concluso Baldassarri si può tornare a lavorare sulla delega anche da subito, ovvero dopo il parere sulla stabilità». Le nuove proposte di modifica sono poco più di 80 e per la gran parte portano la firma della Lega. Dei circa 20 emendamenti presentati dal Pdl, le attenzioni dei senatori (Bonfrisco e Malan) si concentrano soprattutto sulle nuove tariffe d’estimo e sulla codificazione dell’abuso del diritto. Ben più lunga è la lista di desiderata sulle Province. Su quasi 700 depositate ieri, un’ottantina portano la firma del Pd e circa 460 del Pdl. Alle 300 sulla fusione Frosinone-Latina targate Claudio Fazzone se ne sommano altre 160 del resto del gruppo. Inclusa quella di uno dei due relatori, Filippo Saltamartini (l’altro è il democratico Enzo Bianco, ndr), per salvaguardare la «funzionalità» di Questure e Prefetture nella lotta alla criminalità nell’ambito del riordino che il Governo vuole varare con un regolamento atteso al prossimo Cdm ma le cui sorti dipendono dalle Province. Sulle quali continuano però ad addensarsi parecchie nubi. Tra richieste di deroga ad personam, dispute per la conquista del futuro capoluogo e proposte anti-scioglimento anticipato, il lavoro di sintesi che attende Governo e senatori non si annuncia semplice in vista dell’approdo in aula della prossima settimana. Tanto più che il presidente della Affari costituzionali, Carlo Vizzini, ha chiarito: «Se prima non licenzio la riforma elettorale non mi occupo di Province». Qualche schiarita riguarda il Dl costi della politica in vista della fiducia odierna. Per sciogliere i due nodi sul terremoto venuti al pettine giovedì, quando il maxi-emendamento governativo ha espunto altrettante modifiche volute in commissione, da oggi partirà un tavolo tecnico tra Esecutivo e territori interessati. L’ha deciso ieri sera in un vertice a Palazzo Chigi tra il premier Mario Monti, il sottosegretario alla presidenza, Antonio Catricalà e i governatori di Emilia Romagna, Lombardia e Veneto (Vasco Errani, Roberto Formigoni e Luca Zaia). Sempreché ciò basti alla “strana maggioranza” per dare l’ok al decreto 174 che va convertito entro il 9 e deve ripassare dalla Camera.
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