Busta più pesante da novembre

Il peso. Occorre riconoscere anche il pregresso

Marcello Serra 22 Ottobre 2012
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La sentenza della Corte Costituzionale 223/2012 che ha dichiarato illegittima la norma del Dl 78/2010 relativa alla trattenuta sul Tfr rischia di far saltare i conti delle amministrazioni pubbliche in materia di personale. I giudici costituzionali non hanno portato solo vantaggi nelle tasche dei dipendenti pubblici, ma hanno anche inflitto un duro colpo alle casse comunali.
La norma bocciata
Da dove nasce il pasticcio? Nasce dall’obiettivo di togliere un beneficio di cui i dipendenti pubblici godevano in materia di trattamento di fine servizio, se assunti prima del 2001, estendendo anche a questi lavoratori il regime del Tfr previsto nel Codice civile. In sostanza, fino al 2010, la normativa imponeva al datore di lavoro un accantonamento sull’80% della retribuzione lorda (che è la base su cui si calcola l’accantonamento del Tfr), con una trattenuta a carico del dipendente pari al 2,5%, calcolata sempre sul l’80% della retribuzione. La normativa pregressa prevedeva dunque un accantonamento determinato su una base di computo ridotta, e, a fronte di un miglior Tfr, esigeva la rivalsa sul dipendente.
Nell’assetto che si è determinato in seguito alla norma impugnata (Dl 78/2010, articolo 12, comma 10), la percentuale di accantonamento opera sull’intera retribuzione, con la conseguenza che il mantenimento della rivalsa sul dipendente, solo per i dipendenti pubblici, in assenza della «fascia esente», determina in un sol colpo una riduzione della retribuzione e la riduzione della quantità di Tfr maturata nel tempo.
Il legislatore aveva dunque dimenticato che, nel privato, tutti gli oneri sono a carico del datore di lavoro, mentre nei regimi pubblicistici era prevista appunto la ritenuta a carico del dipendente (il 2,5% sull’80% della retribuzione). L’illegittimità costituzionale si fonda sul principio di parità di trattamento fra i dipendenti pubblici e quelli privati, non sottoposti a rivalsa da parte del datore di lavoro.
L’impatto della sentenza
Che cosa succede a questo punto? Le pubbliche amministrazioni non sono più legittimate a trattenere ai dipendenti la trattenuta ex Enpas, ex Inadel, e così via. Inoltre, dovranno restituire le stesse ritenute effettuate dal 1° gennaio 2011 fino a oggi. Infatti, l’articolo 136 della Costituzione prevede che la norma dichiarata incostituzionale cessa di avere effetto dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione. Considerando che la sentenza è stata pubblicata il 17 ottobre 2012 (Gazzetta ufficiale, prima serie speciale, n. 41), l’applicazione inizierà con gli stipendi del mese di novembre, poiché gli stipendi di ottobre sono già stati elaborati. Peraltro, sembra non si possa sfuggire nemmeno al riconoscimento degli arretrati, poiché le sentenze hanno efficacia anche nei confronti dei rapporti sorti prima della dichiarazione di illegittimità, con la sola eccezione dei rapporti esauriti. Gli enti dovranno dunque fare una variazione di bilancio per far fronte a questi oneri sopravvenuti, che sono quantificabili in una quota pari al 2% delle retribuzioni annue utili ai fini Tfr (che equivale al 2,5% dell’80% della retribuzione). Questo vuol dire che, nel 2012, dovranno essere reperite le risorse per rimborsare le trattenute effettuate nel 2011, quelle già trattenute nella prima parte del 2012 e quelle non più recuperabili nel 2012 a fronte della sentenza. In pratica si tratta di circa il 4%, da calcolare non solo sullo stipendio tabellare ma anche sulle altre voci utili (come indennità di amministrazione e retribuzione di posizione). Gli enti si troveranno in enorme difficoltà o, più probabilmente, nella impossibilità di rispettare i vincoli sul contenimento della spesa di personale.

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