Concorso con riserva, da rifare

Il Tar del Lazio boccia la procedura dell’Agenzia delle entrate per la copertura di 175 posti

Marcello Serra 4 Ottobre 2011
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Illegittimo il concorso per assumere dirigenti amministrativi con riserva di posti agli interni, bandito nel 2010 dall’Agenzia delle entrate, allo scopo di «sanare» incarichi di funzioni dirigenziali conferiti da anni ai funzionari. È durissimo il doppio colpo che il Tar Lazio Roma, sezione II inferisce all’Agenzia, prima con la sentenza 1 agosto 2011, n. 6884 e, poi, con la sentenza 30 settembre 2011, n. 7636, che colpiscono al cuore la discutibile prassi, comune a molte altre amministrazioni, di attribuire incarichi dirigenziali a funzionari privi della qualifica di dirigente, costruendo un surrettizio spoil system, in barba alle varie disposizioni normative che pretendono il concorso per soli esami per accedere alla qualifica dirigenziale. Con la decisione dello scorso 1 agosto, il Tar Lazio aveva rilevato l’illegittimità dell’articolo 24 del regolamento di organizzazione, che consentiva l’attribuzione di incarichi dirigenziali ai funzionari come ordinario sistema di copertura dei posti della dotazione organica dirigenziale, contravvenendo ai principi generali enunciati dall’articolo 19, comma 6, del dlgs 165/2001. Quest’ultima norma, infatti, consente di reclutare dirigenti al di fuori della dotazione organica solo in casi eccezionali e per rimediare alla conclamata assenza di professionalità tra i dirigenti in ruolo. L’Agenzia ha largheggiato senza troppo contenersi nella possibilità di affidare incarichi a contratto ai propri funzionari, tanto che negli anni dei 1.143 posti della dotazione dirigenziale, solo 376 sono coperti da dipendenti aventi la qualifica dirigenziale. La gran parte dei restanti posti è stata coperta con incarichi «straordinari», prorogati, però, costantemente ogni anno. Tanto è vero che con provvedimento 29/10/2010 n. 146687 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, IV serie speciale n. 88 del 5/11/2011), l’Agenzia aveva bandito una selezione concorsuale, finalizzata ad acquisire 175 dirigenti di ruolo e rimpolpare, così, la più che scarna schiera di dirigenti a tempo indeterminato dotati della necessaria qualifica. Applicando disinvoltamente alcune disposizioni, come l’articolo 1, comma 530, della legge 196/2006, che consente all’Agenzia di utilizzare modalità selettive speciali per assumere i propri dipendenti, il provvedimento impugnato e stigmatizzato come illegittimo dal Tar Lazio con la sentenza del 30 settembre, aveva riservato il 50% dei posti messi a concorso a dipendenti interni. In particolare, proprio ad alcuni tra i tantissimi funzionari che negli anni erano stati cooptati negli incarichi dirigenziali, al dichiarato scopo di sanare la loro posizione ed in considerazione dell’egregio lavoro svolto, nonostante la mancanza della qualifica dirigenziale. Il Tar Lazio ha accolto il ricorso, annullando il provvedimento principalmente sotto il profilo della violazione dei principi generali che regolano l’accesso alla dirigenza, posti dal combinato disposto degli articoli 97, comma 3, della Costituzione e 28 del dlgs 165/2001, che impongono esclusivamente il concorso pubblico per soli esami. Un concorso avente finalità di «sanatoria» come quello bandito dall’Agenzia finisce per contravvenire alle norme sulle «stabilizzazioni» dei precari, che avevano escluso espressamente proprio gli incarichi dirigenziali e, prevedendo la riserva di posti, non può essere configurato come pienamente «pubblico», cioè aperto a tutti, allo scopo di selezionare le migliori professionalità. Nel merito, poi, la sentenza oltre a richiamare integralmente le ragioni addotte con la precedente decisione del primo agosto 2011, critica fortemente la stessa idea, alla base del concorso «a sanatoria», che l’Agenzia fosse tenuta o potesse discrezionalmente agire allo scopo di riconoscere ai funzionari incaricati da dirigenti la qualifica dirigenziale. I giudici amministrativi romani sono trancianti: nella sostanza, la reiterazione continua degli incarichi dirigenziali ai funzionari si è tramutata nell’attribuzione di mansioni superiori illegittima, per violazione dell’articolo 52, comma 5, del dlgs 165/2001. Ma vi è di più: secondo i giudici, l’Agenzia avrebbe potuto fare fronte alla carenza di figure dirigenziali attribuendo correttamente gli incarichi di «reggenza» ai propri funzionari: la sentenza fa notare che lo svolgimento della funzione di reggenza fa parte dei «contenuti professionali di base propri della terza area funzionale», come definiti dalla contrattazione nazionale collettiva del comparto delle Agenzie fiscali. Insomma, l’Agenzia avrebbe dovuto ricorrere agli incarichi di reggenza e non abusare degli incarichi dirigenziali, anche perché così avrebbe potuto risparmiare la maggiore spesa connessa all’attribuzione del trattamento economico dirigenziale, non spettante nel caso di reggenza. Per l’Agenzia adesso la situazione è delicatissima. L’annullamento del bando travolge anche la legittimità dei provvedimenti di assegnazione degli incarichi dirigenziali, col rischio di coinvolgere in aggiunta gli atti adottati dai dirigenti, che possono rimanere salvi solo in applicazione del principio dell’affidamento dei terzi sulla legittimità dell’azione amministrativa. In ogni caso, l’esecuzione della sentenza impone l’annullamento degli incarichi dirigenziali assegnati ai funzionari.

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