Una nuova, pesante tegola rischia di abbattersi sui conti pubblici: il 23 giugno la Corte costituzionale dovrà decidere sulla legittimità del blocco della contrattazione dei dipendenti pubblici in vigore da cinque anni. Secondo la memoria dell’Avvocatura dello Stato, che svolge il compito di patrocinare il governo di fronte alla Consulta, l’impatto sulle finanze pubbliche sarebbe di 35 miliardi per il periodo che va dal 2010 al 2015 considerando il recupero dell’inflazione, i versamenti previdenziali e le tasse. L’effetto strutturale, cioè per ciascun anno futuro, sempre secondo i calcoli dell’Avvocatura, sarebbe di 13 miliardi a partire dal 2016.
La nuova grana, di cui si aveva sentore da settimane, arriva dopo il caso della bocciatura del blocco delle rivalutazioni delle pensioni del governo Monti-Fornero: una sentenza che avrebbe dovuto avere un costo di circa 18 miliardi e che il governo, con un difficile slalom giuridico, è riuscito a contenere in un paio di miliardi con un decreto che proprio ieri ha cominciato l’iter alla Camera. Scampato pericolo invece per l’altra vicenda che rischiava di pesare un paio di miliardi sui conti pubblici: il ricorso sull’aggio Equitalia che la Corte nei giorni scorsi ha dichiarato inammissibile.
Il ricorso che ha portato la questione sul tavolo dei giudici della Corte costituzionale (alla quale mancano due giudici che il Parlamento tenterà di eleggere l’11 giugno) nasce dal sindacato autonomo Confsal-Unsa. L’organizzazione ha intentato una cinquantina di cause presso altrettanti tribunali e il giudice di Ravenna ha deciso che la questione meritava un giudizio da parte della Corte costituzionale.
Il blocco dei contratti pubblici, riguarda 3,3 milioni di lavoratori, dalla sanità, ai ministeri, agli enti locali, ed è figlio di tutti i governi degli ultimi sei anni: fu inaugurato da Berlusconi-Tremonti nel 2010 e reiterato da tutti gli esecutivi fino alla legge di Stabilità di Renzi-Padoan che ha mantenuto il congelamento della contrattazione per il 2015. La Confsal, con il suo segretario Massimo Battaglia, contesta tuttavia i dati dell’Avvocatura, li considera «allarmistici» e di fatto tali da influenzare la Corte che dovrà decidere – come sottolinea la memoria dell’Avvocatura della Stato – anche tenendo conto dell’articolo 81 della Costituzione con relativo pareggio di bilancio. I ricorrenti spiegano che i 35 miliardi sono la cifra lorda che tiene conto anche di versamenti previdenziali e imposte: una partita di giro dal momento che il datore di lavoro è lo Stato stesso. Per la Confsal l’impatto sarebbe invece pari a 15 miliardi per gli arretrati e di 6,9 miliardi a regime a partire dal prossimo anno. La cifra si dimezza, come sembra rilevare anche la Cgil che invita a sbloccare la contrattazione degli statali, ma per i conti pubblici una sentenza sfavorevole metterebbe comunque in grossa difficoltà gli uomini del ministro dell’Economia Padoan. A favore dei sindacati ricorrenti gioca invece il fatto che il blocco non avrebbe caratteristiche tali da considerarsi «temporaneo» (questione che ha pesato anche per le pensioni).
Gli occhi sono dunque puntati sulla Consulta dove peraltro non c’è una giurisprudenza consolidata sui contratti pubblici, al contrario del settore previdenziale dove la Corte si è pronunciata diffusamente e più volte. Il governo intanto fa fuoco di sbarramento e il sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti invita l’alta magistratura a tenere ben presente l’articolo 81.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento