dal Sole 24 Ore
Debutta anche nella Pubblica Amministrazione l’assegno ordinario di invalidità, che permette di restare al lavoro e di ricevere l’aiuto pensionabile quando la capacità lavorativa è ridotta a meno di un terzo. L’allineamento con le regole del settore privato è scritto all’articolo 16 del decreto sulla Pa pubblicato venerdì scorso sulla Gazzetta Ufficiale con il nome di decreto legge 25/2024. La nuova regola, che si applica solo agli assunti a partire dall’entrata in vigore del provvedimento, supera la giungla di norme presenti finora nel settore pubblico, e promette soprattutto di produrre nel tempo risparmi crescenti sulla spesa pensionistica. Risparmi «prudenzialmente» non stimati, come spiega la relazione tecnica, dove comunque si legge che ovviamente «l’introduzione della nuova disciplina non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica».
Oggi nel pubblico impiego «esistono diversi trattamenti pensionistici di inabilità con differenti requisiti di accesso, vari enti o organi preposti ad accertare lo stato di invalidità o inidoneità e diverse modalità di calcolo della prestazione», spiega sempre la relazione che accompagna il provvedimento. In ogni caso, il dipendente pubblico che inciampa in una patologia o in uno stato invalidante può chiedere di essere dispensato dal servizio ed essere quindi collocato in pensione quando la sua condizione non consente di proseguire il rapporto di lavoro. Nel privato il meccanismo è diverso. Perché quando l’invalidità supera il 67% ma permette comunque di svolgere attività seppur in forma ridotta è possibile rimanere in campo, e cumulare parzialmente allo stipendio l’assegno ordinario di invalidità. Il decreto sulla Pubblica amministrazione estende questo meccanismo al settore pubblico, solo per i nuovi assunti e con l’esclusione esplicita del comparto sicurezza, difesa, vigili del fuoco e soccorso pubblico.
I confini attuativi della riforma sono definiti dalla geografia delle casse previdenziali di riferimento coinvolte dalla novità che, come si legge all’art. 16 del d.l. 25/2024, riguarda la gestione separata dei trattamenti pensionistici ai dipendenti dello Stato (Ctps), quella dei dipendenti degli Enti locali (Cpdel), la Cassa per le pensioni ai sanitari (Cps), la Cassa per le pensioni agli insegnanti di asilo e di scuole elementari parificate (Cpi) e quella per le pensioni agli ufficiali giudiziari, agli aiutanti ufficiali giudiziari ed ai coadiutori (Cpug). Ma tra le platee più rilevanti di questo settore pubblico allargato vanno citate anche le persone iscritte ai fondi pensioni di Ferrovie dello Stato e Poste italiane. Il meccanismo scritto nel decreto sulla Pubblica Amministrazione completa insomma l’assimilazione pubblico e privato che aveva già mosso i primi passi. Il trattamento di fine servizio o di fine rapporto per i soggetti che saranno coinvolti nella nuova regola andrà erogato entro 90 giorni. La norma riformata non fa più riferimento esplicito all’obbligo di pagamento degli interessi legali in caso di liquidazione ritardata, forse confidando nella perentorietà operativa del termine di 90 giorni fissato dalla legge.
* Articolo integrale pubblicato su Il Sole 24 Ore del 18 marzo 2025 (In collaborazione con Mimesi s.r.l)
Decreto PA, invalidità: via al cumulo con lo stipendio
Pubblico impiego: ufficiale l’allineamento con le regole previste nel settore privato
Il Sole 24 Ore
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