Secondo l’articolo 26 del Dlgs 151/2015, tutte le dimissioni rassegnate da sabato della prossima settimana avranno efficacia solo a fronte dell’utilizzo di una procedura telematica (secondo le regole definite dal Dm 15 dicembre 2015 del ministero del Lavoro).
La legge non spiega se tale procedura è vincolante solo per i datori di lavoro privati o se vale anche per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni.
Il tema si è posto già in occasione dell’introduzione della procedura di convalida prevista dalla legge Fornero. A suo tempo il ministero del Lavoro, con una risposta a interpello (il 35/2012), precisò che tale disciplina non poteva considerarsi applicabile alle pubbliche amministrazioni, in quanto nella legge 92/2012 era prevista una procedura di armonizzazione delle regole applicabili ai datori di lavoro pubblici.
Il rinvio al processo di armonizzazione, secondo la risposta all’interpello, costituiva la prova del fatto che il legislatore avesse voluto escludere il pubblico impiego dall’ambito di applicazione delle regole della riforma Fornero.
Questo argomento è risultato, nel tempo, abbastanza fragile. Con riferimento all’applicabilità del nuovo articolo 18 ai dipendenti pubblici, infatti, la Corte di cassazione (sentenza 24157/2015) ha escluso che il semplice rinvio a processi di armonizzazione sia sufficiente a giustificare una diversità di regole applicabili tra pubblico impiego e lavoro privato.
Ma se anche questo argomento risultasse spendibile rispetto alle dimissioni, sarebbe inapplicabile alle regole del Dlgs 151/2015, in quanto manca in questo ultimo decreto un analogo rinvio a processi di armonizzazione. Nella legge delega (la 183/2014) si fa un generico riferimento alla semplificazione delle procedure per le “imprese”, ma questo cenno non riguarda in maniera specifica le dimissioni.
Certamente sarebbe abbastanza paradossale che il legislatore avesse deciso di assoggettare la pubblica amministrazione a una procedura espressamente finalizzata a reprimere abusi datoriali: sarebbe una dichiarazione di sfiducia molto forte.
Ma se così fosse, si riproporrebbero le criticità di gestione già segnalate per il settore privato (si veda il Sole 24 Ore del 2 marzo): complessità per il lavoratore, impatto negativo sul periodo di preavviso, esigenza di licenziare il dipendente che non utilizza il modulo telematico.
La cosa curiosa è che, a quanto risulta, alcune direzioni territoriali del ministero si stanno interrogando al riguardo e hanno chiesto alla direzione centrale competente di fornire indicazioni.
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