<p>A scatenare la preoccupazione dei dipendenti provinciali è l’emendamento governativo alla legge di stabilità che, per spingere all’applicazione effettiva della riforma Delrio, taglia drasticamente gli organici provinciali a partire dal 1° gennaio: il taglio è misurato sulla spesa, e prevede il dimezzamento nelle Province “normali” e la riduzione del 30% in quelle destinate a trasformarsi in Città metropolitane e, con un correttivo dell’ultima ora, in quelle montane e confinanti con Stati esteri (Verbano-Cusio-Ossola e Sondrio), ma è facilmente traducibile in posti: 19.339, secondo l’Unione delle Province italiane, su 43.498 dipendenti a tempo indeterminato oggi al lavoro. Al conto, poi, vanno aggiunti tutti i titolari dei contratti a termine che sono sopravvissuti finora, e che al momento sono destinati a cadere con il cambio d’anno.</p>
<p>Per gli «esuberi», come si affretta a sottolineare Giorgio Santini (Pd), relatore al Senato della manovra 2015, la prospettiva non è il licenziamento perché «dal primo gennaio scatterà un percorso di mobilità e per due anni conserveranno il posto di lavoro». Dopo due anni, però, se la mobilità non ha avuto successo portando l’interessato a un altro posto di lavoro nella Pubblica amministrazione, «scatteranno le regole in vigore che prevedono che i lavoratori prendano l’80% dello stipendio»: 80%, va aggiunto, che deve essere calcolato sul trattamento economico fondamentale, cioè sullo stipendio base “pulito” da tutte le voci aggiuntive. Da Santini arriva poi un’apertura sul problema dei dipendenti a tempo determinato, per i quali «bisognerà fare una proroga forse con il milleproroghe», anche se fino a ieri l’ipotesi di un nuovo decreto di fine anno è sempre stata smentita dal Governo.</p>
<p>Le misure sul personale, si diceva, servono nelle intenzioni del Governo a spingere verso l’attuazione una riforma, quella scritta nella legge 56/2014, che finora è rimasta solo sulla carta. Una prima mossa, fin dalla legge di stabilità originaria approvata due mesi fa dal Governo, è stata quella dei super-tagli, che chiedono alle Province un miliardo nel 2015, due nel 2016 e tre a partire dal 2017. Quasi 900 milioni (862,3, sempre secondo i calcoli targati Upi) arriverebbero proprio dalla riduzione del personale, ma c’è un problema: in base all’impostazione della riforma il personale dovrebbe seguire le funzioni trasferite agli altri organi di Governo, ma finora gli Osservatori regionali non hanno deciso nulla e anzi in qualche caso, come per esempio in Lombardia, le Regioni hanno annunciato di voler lasciare la geografia delle competenze esattamente com’è oggi.</p>
<p>Di qui le preoccupazioni del personale, che teme di cadere trovarsi schiacciato fra i vecchi enti, chiamati allo «svuotamento» previsto dalla riforma, e le amministrazioni di destinazione, dalle cancellerie dei tribunali a Regioni e Comuni secondo l’emendamento, i quali hanno già i loro problemi a gestire la situazione finanziaria attuale e non mostrano ad oggi alcuna intenzione di accogliere nuovo personale.<br />In tutto questo si inserisce poi la situazione dei vincitori di concorso, cioè degli aspiranti dipendenti pubblici che hanno passato in questi anni le selezioni indette dalle Pubbliche amministrazioni e ora rischiano di veder occupati i pochi spazi assunzionali che ci sono dai dipendenti in arrivo dalle vecchie Province. Una beffa, dopo attese durate anche anni e allungate dai limiti progressivi introdotti al turn over, che ha già scatenato una mobilitazione online (su twitter l’hastag è #NoEmendamento29810) con migliaia di adesioni.</p>
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