La spesa per le assunzioni obbligatorie dei disabili da parte degli enti locali deve rientrare nei limiti e vincoli a vario titolo fissati dalle leggi.
La Corte dei conti sta assumendo un nuovo e restrittivo orientamento, rispetto alla possibilità di tenere fuori dal computo della spesa di personale le assunzioni effettuate per adempiere agli obblighi previsti dalla legge 68/1999.
Mentre, infatti, fino a qualche mese fa si poteva dare per scontata la non computabilità di tali spese per i tetti fissati dalla legge, adesso le interpretazioni sempre più rigoristiche della magistratura contabile stanno decisamente modificando il quadro.
In proposito, il parere 14 settembre 2011, n. 82 della sezione regione di controllo per il Molise non lascia troppi spazi alla possibilità di non computare nell’aggregato «spesa del personale» le spese per assunzioni finalizzate ad assolvere agli obblighi imposti dalla 68/1999.
Secondo il parere, occorre dare privilegio «al principio di onnicomprensività delle spese di personale da computare ai fini del rispetto della percentuale di cui al comma 7 dell’art. 76 del dl n. 112/2008». In altre parole, l’assunzione dei disabili concorre a costituire base di calcolo per verificare che il totale delle spese di personale non superi il rapporto del 50% sul totale delle spese correnti.
Secondo la sezione Molise, anche se la spesa per assumere disabili è finalizzata a soddisfare obblighi di legge, tuttavia «non può essere considerata finanziariamente neutra per l’amministrazione e anzi incide sull’indice di rigidità della spesa corrente, che risulta, giova ribadirlo, dal rapporto tra le principali voci di spesa fissa – costituite dalle spese per il personale e dalle spese per il rimborso dei mutui in ammortamento (quota capitale e quota interessi) – e il totale delle spese correnti».
Insomma, la sezione ritiene che tra la tutela del diritto al lavoro dei disabili, la cui garanzia crea anche in capo alle amministrazioni pubbliche l’obbligo di rispettare le percentuali di assunzioni obbligatorie, ed il rispetto ai tetti di spesa per il personale, va risolto a vantaggio della tutela della finanza pubblica. Sicché, tra le spese di personale «devono essere necessariamente incluse anche quelle sostenute a tutela di categorie protette di lavoratori senza che la necessità di adempiere alle assunzioni obbligatorie possa costituire l’occasione per la violazione di norme a tutela degli equilibri di bilancio».
Meno drastica, ma nella stessa direzione, è l’opinione espressa dalla sezione regionale di controllo per la Basilicata col parere 25 novembre 2011, n. 95, secondo il quale non si deve dimenticare la particolare vincolatività dell’obbligo di assumere i disabili, espressamente sanzionato «sul piano penale, amministrativo e disciplinare secondo quanto previsto dall’art. 15, comma 3, della legge 12 marzo 1999, n. 68». Tuttavia, sebbene questa considerazione e il richiamo che il parere fa a pronunce della Ragioneria generale e della Funzione pubblica circa l’esclusione delle spese per assunzione di disabili dai computi per i vincoli alla spesa di personale, aprono spazi alla tesi più elastica, la sezione conclude in modo diverso. Il parere evidenzia che le pubbliche hanno in ogni caso l’obbligo di attuare tutte le misure programmatorie necessaria ad adempiere agli obblighi relativi alle categorie protette, ma rispettando contemporaneamente la rimanente disciplina pubblicistica sulla spesa di personale. Insomma, non sarebbe possibile sforare i tetti di spesa di personale assumendo disabili; occorrerebbe, invece, adempiere alla legge 68/1999 avendo avuto cura, prima, di aver ridotto l’aggregato della spesa in misura tale da consentire di assumere i disabili, senza violare i tetti della spesa di personale.
L’indirizzo della magistratura contabile di controllo verso letture sempre più restrittive della normativa sulla spesa del personale non paiono del tutto condivisibili. In effetti, la sola considerazione delle responsabilità anche penali scaturenti dalla violazione della legge 68/1999 dovrebbero lasciar intendere che per l’ordinamento è meritevole di maggior tutela la garanzia per il lavoro delle categorie protette, che il rispetto pedissequo delle norme in materia di finanza pubblica. Questo atteggiamento di maggior favore dell’ordinamento verso le categorie svantaggiate, del resto, è anche ricavabile dalla Costituzione.
Luigi Oliveri
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