Divieto di automatismo nelle sanzioni disciplinari

Il momento della determinazione della sanzione disciplinare costituisce, dal versante della gestione della leva disciplinare rimessa al datore di lavoro, quello più delicato. L’analisi dell’esperto

22 Febbraio 2019
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Il momento della determinazione della sanzione disciplinare costituisce sicuramente, dal versante della gestione della leva disciplinare rimessa al datore di lavoro, quello più delicato.
Nella fase contenziosa, la censura inerente la misura della sanzione irrogata concretamente è infatti quasi sempre presente, malgrado l’individuazione del codice disciplinare, ovverosia la tassativa correlazione tra condotte disciplinarmente rilevanti e sanzione apprestata dall’ordinamento, sia sempre maggiore, ridefinendo gli spazi di discrezionalità datoriale.
Anche sotto tale specifico profilo, non va sottaciuto che, sebbene la legge e il contratto collettivo abbiano tipizzato il codice disciplinare in maniera vieppiù stringente, la ponderazione rimessa al datore di lavoro (nella specie, alla pubblica amministrazione procedente), resta ferma ed intangibile.
Se infatti, per un verso, la predeterminazione “a monte” del concreto esercizio del potere disciplinare pare apprestare una forma di garanzia rispetto a possibili distorsioni, concretantisi nella possibile disparità di trattamento, ovverosia nel trattamento sanzionatorio difforme a fronte di addebiti simili, che si traduce, sul piano del rapporto di lavoro contrattualizzato dei pubblici dipendenti, nella violazione dei principi di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto, è del pari vero che tale attività non può del tutto svuotare di contenuto la ponderazione dei vari elementi che trova la naturale emersione nel procedimento disciplinare.

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