Due modelli per il personale delle ex Province

Le convenzioni. I servizi sul territorio

Marcello Serra 17 Novembre 2015
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Poiché si è anticipata la riorganizzazione del mercato del lavoro prima di aver tolto alle Regioni le competenze costituzionali in materia e superato le Province, il decreto legislativo di riordino dei servizi all’impiego e delle politiche attive ha previsto che la fase transitoria dei prossimi due anni e fino alla riforma del titolo V sarà regolata con una convenzione, con cui ministero del Lavoro e Regioni assicureranno la continuità amministrativa dei centri per l’impiego e regoleranno rapporti e obblighi per la gestione dei servizi per il lavoro e delle politiche attive. 

Con l’accordo quadro del 30 luglio, sancito con il passaggio in Conferenza Stato Regioni, è stato concordato che la convenzione possa derogare il modello finale di organizzazione del mercato del lavoro che prevede lo svolgimento in via esclusiva da parte dei Cpi di quattro funzioni: definizione del profiling, sottoscrizione del patto di servizio, rilascio dell’assegno di ricollocazione e gestione della condizionalità. 

In sede applicativa è stato deciso di fare un unico schema di convenzione, con cui definire meccanismi coordinati di gestione amministrativa e regolare i rapporti bilaterali per la gestione dei servizi per il lavoro, limitando correttamente l’intervento della Conferenza unificata al solo piano di rafforzamento dei servizi per l’impiego per l’erogazione delle politiche attive.
Sulla base dello schema di convenzione approvato dalla Conferenza delle Regioni il 20 ottobre, ciascun ente regionale sta procedendo alla definizione della propria convenzione da sottoscrivere con il ministero. Relativamente al personale delle Province, la convenzione individua sostanzialmente due opzioni. 

La prima riguarda la possibilità per la Regione di utilizzare il personale provinciale dei centri per l’impiego attraverso la loro assegnazione temporanea alla Regione o alle agenzie regionali per il lavoro o ricorrendo all’avvalimento, come nel caso dell’Emilia Romagna, in modo da non assorbire gli addetti nell’organico regionale, almeno fino al completamento delle procedure di mobilità del personale delle ex-Province. 

La seconda opzione, alternativa, prevede che le Regioni possano assolvere l’obbligo di avere proprie articolazioni territoriali utilizzando quelle delle ex Province attraverso una convenzione tra Regione ed ente di area vasta a valle della convenzione tra ministero e singola Regione. Secondo questo modello, scelto dalla Lombardia, il personale delle ex Province rimarrebbe collocato presso i nuovi enti di area vasta e svolgerebbe le attività che saranno delegate loro con convenzione. 

Rispetto al coinvolgimento dei privati accreditati per l’erogazione dei servizi di politica attiva previsti dal Dlgs 150/2015 le Regioni potranno scegliere quali funzioni assegnare a quest’ultimi, anche utilizzando la deroga contenuta nell’articolo 11 del Dlgs. Le convenzioni già approvate sono eterogenee. La Toscana ha scelto di non prevedere l’assegnazione di alcuna funzione dei servizi al lavoro a privati; la Lombardia le ha affidate tutte a eccezione della condizionalità che resta ai Cpi; l’Emilia Romagna per la prima volta apre il mercato del lavoro ai privati, sebbene gli venga riconosciuta una funzione integrativa e non sostitutiva e siano esclusi dallo svolgimento di funzioni amministrative o certificative sullo status delle persone. Le convenzioni potranno essere riviste il prossimo giugno o a seguito della approvazione del Piano di rafforzamento dei servizi per l’impiego.

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