» Quesito:
Un dipendente di un Ente, regolarmente autorizzato a svolgere lavoro straordinario, effettua la registrazione della propria presenza eseguendo solo la timbratura in entrata. Successivamente, all’ufficio del personale presenta una attestazione circa la durata del servizio espletato, anche se ha omesso la timbratura in uscita.
È possibile, anche in presenza di una mancata timbratura, procedere alla liquidazione del compenso spettante per le ore di lavoro straordinario dichiarate?
» Risposta:
Prima di rispondere alla domanda appare utile ripercorrere la recente sentenza 20/09/2017 n.114 della Corte dei conti, Sezione giurisdizionale della Regione Sardegna, la quale in merito alla presenza del dipendente ha precisato quanto segue:
– la contrattazione collettiva di comparto (cfr. CCNL del Comparto Regioni, Autonomie Locali del 6 luglio 1995, articoli 17 e seguenti) ha ribadito che l’articolazione dell’orario di lavoro risponde al fine dell’armonizzazione dello svolgimento dei servizi con le esigenze complessive e generali degli utenti, avuto riguardo anche alla presenza di adeguati servizi sociali. In tale ottica vanno, pertanto, lette, le disposizioni contrattuali che hanno previsto:
a) che l’osservanza dell’orario di lavoro da parte dei dipendenti è accertata mediante controlli di tipo automatico;
b) che i permessi, concessi a domanda del dipendente in ipotesi prestabilite (cfr. art. 19), debbano essere debitamente documentati e previamente autorizzati (anche i 3 giorni di permesso retribuito per particolari motivi personali o familiari, usufruibili annualmente);
c) che le richieste per i cosiddetti permessi brevi (cfr. art. 20), sottoposte anch’esse alla valutazione del Dirigente, debbano essere effettuate in tempo utile e, comunque, non oltre un’ora dopo l’inizio della giornata lavorativa, salvo casi di particolare urgenza o necessità, sempre al fine di consentire al dirigente di adottare le misure ritenute necessarie per garantire la continuità del servizio;
d) che il dipendente sia tenuto a recuperare le ore non lavorate entro il mese successivo, secondo modalità individuate dal dirigente; in caso di mancato recupero, si determina la proporzionale decurtazione della retribuzione;
– la giurisprudenza di legittimità, sviluppatasi in ambito penale, ha costantemente riconosciuto la funzione dei cosiddetti “cartellini segnatempo” di costituire prova della continuativa presenza del dipendente sul luogo di lavoro, nel tempo compreso tra l’ora d’ingresso e quella di uscita, ritenendo integrato il reato di truffa aggravata quando il pubblico dipendente si allontani temporaneamente dal luogo di lavoro senza far risultare, mediante timbratura del cartellino o della scheda magnetica, i periodi di assenza (orientamento costante. Cfr., tra le altre, Cassazione, Penale Sez. V, 23 settembre 1996, n. 9192; Sez. II n. 19302, del 26.4.04; Sez. II, n. 34210 del 12.10.06; Sez. II n. 32290 del 25.6.2010; Sez. II n. 23785 del 14 giugno 2011).
Sulla base delle citate premesse, il Collegio contabile ha concluso precisando come il cartellino segna tempo costituisce l’unico “mezzo” per accertare la presenza in ufficio del dipendente.
Effettuata la citata ricostruzione, a parere dello scrivente, non solo non appare assentibile la liquidazione dello straordinario ma al citato dipendente non potranno essere riconosciute le ore prestate nella giornata in quanto non certificate dal cartellino marcatempo in uscita, essendo il rilevatore delle presenze l’unico mezzo consentito per accertare la sua presenza in ufficio (a meno di dimostrare il suo mancato funzionamento). Spetta,infatti, al dipendente per il principio di correttezza e buona fede verificare la sua presenza in ufficio utilizzando il cartellino marcatempo, ovvero sincerarsi di aver correttamente effettuato le timbrature richieste sia in entrata che in uscita.
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Roma, 13 ottobre 2017
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