E un emendamento salva auto blu e superstipendi

Marcello Serra 19 Luglio 2013
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Auto blu e compensi ai manager pubblici.
Ci risiamo.
Nottetempo, una manina inserisce emendamenti ad hoc al decreto Fare per allentare i vincoli imposti giusto un anno fa da Monti nella spending review.
E dunque per tornare alla spesa allegra.
Quella pubblica.
Il primo emendamento è a firma del deputato pdl Antonio Leone.
Due righe e mezzo di testo per dire che alle «società quotate e alle loro controllate» non si applica il taglio del 50% alla spesa per le auto blu: acquisto, affitto, manutenzione, ma anche buoni taxi.
Sacrificio che Monti aveva imposto, a partire dal 2013, a tutta la pubblica amministrazione (ministeri, enti locali, etc), alle authority, alla Consob, e poi addirittura salito al 100% dei risparmi: quindi zero auto blu.
Mentre il 50% del taglio era rimasto per le sole «società controllate» da Stato e amministrazioni.
Con l’emendamento tutto cambia.
Anche se resta da capire l’applicazione a Eni, Enel, Finmeccanica, Terna e Snam (quotate in Borsa), già fuori dal perimetro della spending review.
Il secondo emendamento – di Sanna (Pd) e Sisto (Pdl), relatori del decreto Fare – inserisce un comma 5 ter alla spending review di Monti (articolo 23 bis) che consentirà ad alcuni amministratori pubblici di non avere un tetto ai loro compensi.
Almeno non quello fissato per gli altri – le società non quotate – e pari al massimo «al trattamento economico del primo presidente della Cassazione» (circa 300 mila euro).
Ebbene i manager delle società non quotate «che svolgono servizi di interesse generale anche di rilevanza economica», recita l’emendamento, ovvero che erogano «servizi in favore dei cittadini» (come Poste, Ferrovie dello Stato, Anas?), saranno remunerati secondo «le migliori pratiche internazionali» e tenuto conto «dei risultati aziendali».
Tradotto: nessun limite.

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